BOMBUS – Vulture Culture

Pubblicato il 05/11/2019 da
voto
8.0
  • Band: BOMBUS
  • Durata: 00:40:33
  • Disponibile dal: 15/11/2019
  • Etichetta:
  • Century Media Records
  • Distributore: Sony

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Volendo azzardare una metafora sportiva, catalogare il genere dei Bombus sarebbe come chiedere a Suso, centrocampista dell’AC Milan, di effettuare una giocata dignitosa. Se quest’ultimo desiderio, infatti, appare pressoché impossibile, altrettanto arduo è riuscire ad inquadrare la proposta del quintetto svedese. Poco importa, anzi è proprio questa difficoltà di collocamento uno dei pregi della band scandinava. Con il qui presente “Vulture Culture”, seguendo le orme del precedente “Repeat Until Death”, i Bombus ci offrono ancora una volta un agglomerato sonoro in grado di abbracciare più stili: dallo speed all’heavy più classico, dallo stoner ad un doom dalle tinte progressive. Come se i Nostri avessero aperto le finestre del proprio studio di Götheborg, raccolto in un alambicco le note più o meno metalliche che sferzano l’aria circostante e riassunto il tutto in questo full-length la cui parola d’ordine è appunto ‘varietà’. Una ricchezza d’intenti che viene opportunamente sguinzagliata lungo tutti i quaranta minuti previsti, così da rappresentare al meglio un quadro desolante dell’intera umanità. Riff pesanti come macigni danno il cambio ad inni sfarzosi e multidimensionali: un andirivieni di luce e oscurità delineano una società in crisi, completamente assoggettata ai poteri mediatici, come ben raffigurato dalla cover dell’album e sottolineato dal finale di “(You Are All Just) Human Beings” dove la voce straziante di ‘Feffe’ Berglund ci ricorda che “We are all here to die, that’s a fact“. Nove pezzi in cui tracce di Motörhead si mischiano ad aloni made in Black Sabbath e le atmosfere dei primi Amorphis si alternano a stacchi iperpsichedelici.
La barricata innalzata dalle tre chitarre impugnate dallo stesso Berglund, da ‘Matte’ Jacobsson e dal neo-entrato Simon Solomon, si erge sovrana sin dalle prime battute di “A Ladder – Not A Shovel”: ipnotico, trascinante, il pezzo di apertura definisce alla perfezione il ‘credo’ dei Bombus. Il ritmo forsennato che guida le strofe ha il timbro di Lemmy marchiato su ogni singola battuta salvo sfociare in un refrain più evocativo prima che un autentico abbandono sonoro ricopra il tutto di malinconia e inquietudine. Una scarica emozionale che viene replicata nella successiva e già menzionata “(You Are All Just) Human Beings”: una locomotiva disperata di urla pietose lascia il segno su uno dei brani migliori dell’intero lotto. Ma è solo l’inizio: la tripletta intrisa di passione trova il suo giusto compimento con “Mama” (il cui video è uscito un paio di settimane fa): è sempre l’ugola di ‘Feffe’ a tenere banco mentre una litania acida bollata di stoner viaggia indefinita ad anticipare una marcia bambinesca di stampo ‘floydiano’ al coro di “Do what your mama said“. Che la band scandinava abbia in testa tante idee lo dimostra la sognante “It’s All Over”, distrutta poi, in un nanosecondo, dalla spaziale “In The Shadows”: un intruglio di riff e assoli si dimenano sui ritmi forsennati imposti dal drummer Peter Asp, autore per la cronaca di una pregevole prova. Quanto di buono riversato nella prima parte dell’album viene riproposto, con inserti ogni volta interessanti, anche nei quattro pezzi a venire; le idee forse risultano meno innovative rispetto agli episodi precedenti, ma la qualità rimane la medesima.
Se volete dunque affrontare un viaggio carico di adrenalina, solitudine e ansia, “Vulture Culture” è un disco in grado di soddisfare queste aspettative; al quarto full-length in studio i Bombus hanno trovato la loro quadratura del cerchio. Fate spazio ai calabroni di Svezia.

TRACKLIST

  1. A Ladder - Not A Shovel
  2. (You Are All Just) Human Beings
  3. Mama
  4. It's All Over
  5. In The Shadows
  6. We Lost A Lot Of Blood Today
  7. Vulture Culture
  8. Two Wolves And One Sheep
  9. Feeling Is Believing
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