7.5
- Band: BONFIRE
- Durata: 00:58:54
- Disponibile dal: 24/03/2017
- Etichetta:
- UDR Music
- Distributore: Audioglobe
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Quanto si può essere derivativi pur mantenendo una certa abilità nello scrivere canzoni di classe? Ci sarebbero decine di band da citare in questo calderone: dagli Stryper ai Magnum, passando per i Dokken e per tutti quei nomi che in un modo o nell’altro si sono sempre mossi nei territori melodic/hair/class (poi ci sono gli Europe, ma quella è un’altra storia). Ecco che nel 2017 ci ritroviamo tra le mani “Byte the Bullet” degli inossidabili Bonfire, dei cui membri originali ormai è rimasto unicamente il mastermind Hans Ziller, che dal 1972 porta avanti una delle più longeve storie dell’hard’n’heavy europeo. Il lasso di tempo vi può far capire quanta esperienza il nostro si porti dietro: badate bene che tutti i musicisti che sentirete su questo album sono nuove reclute, come Tim Breideband degli At Vance alle pelli o l’ugola d’oro di Alexx Stahl (che a quanto pare è una specie di Michele Luppi tedesco per la sua militanza in cover band e gruppi più o meno famosi della scena). Con tutta la line-up rinnovata eccetto il vecchio Hans, in effetti le aspettative attorno all’opera erano basse, ma fortunatamente da questa collaborazione è uscito qualcosa di davvero buono. Ebbene si: sarà derivativo e ‘schifosamente pop’, ma “Byte the Bullet” è un disco che colpisce nel segno chi ha amato il rock e il metal di un certo tipo, sin dall’iniziale “Power Train”, un pezzo che con i suoi riff granitici ma melodici spazza via qualunque dubbio. Anche se è difficile spiegare come quattordici tracce di power/hard’n heavy possano ancora farci scapocciare nel 2017, ogni pezzo garantisce una bella carica di energia, pure ballad come “Lonely Nights” o “Without You”. Dobbiamo poi parlare della cover power/heavy tamarra di “Locomotive Breath” dei Jethro Tull? Probabilmente i progster più indefessi esploderanno, mentre chi apprezza entrambi i generi non potrà fare a meno di scapocciare come un forsennato. Come avrete capito, comunque, le influenze che la band è riuscita a piazzare in questo album sono le più varie, quasi un riassunto di tutto quello che è stato concepito da un certo tipo di hard rock e metal degli ultimi anni, anche se non mancano citazioni agli Scorpions, come in “Sweet Surrender” o “Sweet Obsession”, immancabili negli album dei Bonfire. Persino un pezzo scontatissimo come “InstruMetal” funziona benissimo come intermezzo, offrendo diversi motivi di musica classica in versione guitar hero. Se amate quindi un certo vecchio stampo di power metal e hard rock questo disco potrebbe davvero svoltarvi la giornata. Non si tratta di nulla di nuovo o particolarmente sentito in questa epoca, ma ogni tanto un ripassone su come si suonava ai vecchi tempi dei brillantini e dei lustrini qualcuno deve farlo. Se poi questi è bravo come Hans Ziller, pure meglio.