BORGNE – Renaître de ses Fanges

Pubblicato il 12/03/2025 da
voto
7.5
  • Band: BORGNE
  • Durata: 01:04:56
  • Disponibile dal: 14/03/2025
  • Etichetta:
  • Les Acteurs De L'Ombre Productions

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Bornyhake è un pioniere delle sonorità industrial/black metal. Una formazione musicale tipicamente novantiana, la sua: creatività e spinta avanguardistica al servizio della concretezza, del dolore fisico e mentale, dell’angoscia pulsante che le commistioni uomo/macchina sanno sprigionare. Con i suoi Borgne porta avanti dal 1998, dall’ancora immaturo “I”, un discorso di orrendo, gelido raccapriccio, evolutosi negli anni per diventare qualcosa di più stratificato, minaccioso su molteplici livelli, intriso di genuina malvagità black metal, eppure rivolto a un inconoscibile, terribile futuro.
Un bilanciamento di asetticità e carnalità che nello spicchio più recente di carriera, parliamo dell’ultimo decennio abbondante, si è assestato su forme sonore e strutturali ben precise e codificate. Composizioni lunghe e fitte di dettagli, spesso serrate e feroci, arrangiate per emanare un ringhiante senso di grandeur, aprendosi volentieri all’armonia e ad atmosfere più subdole, pur evocando perennemente una caligine tossica. Un’ambientazione di orrori miasmatici, permeati di una certa sostenuta eleganza e di una spinta ritmica e canora indiscutibile. Stando così lontani da intellettualizzazioni, vacui minimalismi e dilatazioni dei tempi fini a se stesse.
Proseguendo il connubio con la tastierista Lady Kaos, presente in line-up dal 2017 e ormai unica vera compagna di strada fissa per il mastermind, i Borgne in “Renaître de ses fanges” vanno in scia a quanto concepito nei precedenti “Y” e “Temps Morts”: a dispetto della lunghezza, della sua vastità e della tentazione a minutaggi massicci nei singoli capitoli, la tracklist non ci mette troppo a mostrare il suo carattere spietato, nichilista con stile. Se la prevalentemente ambient “Introspection du néant” rimane piuttosto criptica, seppur ferale, sulle intenzioni del gruppo, già “Comme une tempête en moi qui gronde” ne rileva appieno tutta la sua mutevole, altisonante durezza.
A una introduzione più armonica e avvolgente, con la drum machine a martellare fiera in antitesi a chitarre abbastanza aperte, segue il primo di molti attacchi frontali, dal sapore quasi harsh-industrial: i Borgne cavalcano il parossismo cercando di non sporcare completamente il suono, tenendo le tastiere sullo sfondo come ad attutire il fragore degli altri strumenti, a dargli una crudele pomposità.
La vocalità di Bornyhake negli anni è rimasta immutata, abrasiva e disturbante: il musicista svizzero passa con disinvoltura da momenti più serrati, ad altri quasi declamatori, pur senza azzardare voci pulite. Il suono si comprime ed espande con una certa regolarità, ora puntando ad affliggere e polverizzare, ora ad innalzare, far respirare e provocare sottile inquietudine.
La massa sonora rimane sempre densa, fragorosa, sufficientemente dinamica. Spiccano allora le variazioni, siano esse le amate derive ambient – mai banali o telefonate – oppure alcune sferzate chitarristiche più impetuose e velate di melodia. Due situazioni che si intervallano brillantemente durante “Même si l’enfer m’attire dans sa perdition”, tuonante tour de force da vivere in apnea, messi all’angolo da tanta violenza, sonora e concettuale.
Al confronto degli ultimi lavori, “Renaître de ses fanges” è ancora più sprezzante e crudo nella sua impostazione industrial; sono pochi, effettivamente, gli incisi più atmosferici e meno belligeranti. Anche se su questo fronte abbiamo uno dei brani migliori, la più lenta e cadenzata Royaumes de poussière et de cendre”, giustamente posizionata come ultima traccia.
Nonostante questo, il disco rimane scorrevole, l’esplosiva produzione pompa adrenalina e impeto per tutta la durata, con quell’effetto di ‘armageddon sonoro’ che ben si addice a questa tipologia di suoni e ai Borgne in particolare. In fondo, come già detto proprio per “Temps Morts”, l’unico limite – relativo – è che sappiamo esattamente cosa aspettarci dal duo di stanza a Losanna: non ci sono i lampi di genio di “[∞]” oppure l’imprevedibilità e l’estro sperimentale di “Y”, vero, e si parla quindi di un semplice assestamento su ottimi standard.
Vale il discorso che, se già li apprezzavate prima, anche quest’ultimo capitolo sarà assolutamente di vostro gradimento. In caso di ignoranza sul tema, per chi segue tutto il filone del black metal contaminato e parossistico, non è mai troppo tardi per affrontarli.

TRACKLIST

  1. Introspection du néant
  2. Comme une tempête en moi qui gronde
  3. Même si l'enfer m'attire dans sa perdition
  4. Condamnée à errer dans les méandres
  5. Ils me rongent de l'intérieur
  6. Dans un tourbillon de douleur
  7. Un espace hors du temps
  8. Royaumes de poussière et de cendre
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