7.5
- Band: BORIS
- Durata: 52:02
- Disponibile dal: 24/05/2011
- Etichetta:
- Sargent House
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Amplificatori squagliati che mancano, si diceva a proposito del capitolo precedente, “Attention Please”. Il secondo e simultaneo capitolo invece, “Heavy Rocks” versione 2011, non solo ha probabilmente ridotto gli ampli dei Boris ad un mucchio di ferraglia incandescente durante le registrazioni, ma soprattutto riduce i nostri timpani a una piacevolissima poltiglia informe di cellule bruciacchiate durante l’ascolto, restituendoci il trio di Tokyo intento a fare ciò che sa fare meglio: rockeggiare ad un volume insopportabile scatenando un’anfetaminica tempesta di watt e feedback densa e incandescente come lava. Nessuna sorpresa rispetto all’”Heavy Rocks” del 2002: il suo fratello gemello odierno distrugge le orecchie allo stesso modo mettendo in movimento un vero caterpillar di watt che non si ferma davanti a niente e nessuno. Le dieci tracce di questo nuovo/secondo capitolo sono goduria pura, un party selvaggio di sludge metal (“Czechoslovakia”), stoner rock (“Window shopping”), space rock (“Leak -Truth,yesnoyesnoyes-“), crust/punk (Galaxians”), glam (“Jackson Head”), e hard/psych-rock (“Tu, La La”) sempre esageratamente seventies e ad altissimo voltaggio, che vi farà scuotere le chiappe e scapocciare come non avreste mai pensato possibile. Gli amanti dei Boris più colossali e dilatati comunque non hanno nulla da temere: “Heavy Rocks” offre anche sani momenti più spaziali e atmosferici (“Missing Pieces” e “Aileron”), in cui si rimaterializza anche l’ormai famosissimo wall of sound monolitco e travolgente di “Amplifier Worship” e “Akuma No Uta”. La scelta è perfetta perché tiene l’album in sincro con il suo compagno d’uscita più pacato – “Attention Please” – ed evita al lavoro in questione di divenire una semplice copia carbone del suo omonimo del 2002, che viaggiava a velocità ben più sostenute. Il trio comunque, in linea generale, per ora continua la pausa dal doom metal cacofonico e dal drone metal soffocante delle uscite a marchio Southern Lord di inizio e metà carriera ma, anche in questa veste cazzona e festaiola da rocker psiconauti, la qualità della musica dei Boris non ci pensa proprio a cedere, e la band ha inanellato un ennesimo lavoro micidiale che va ad ampliare una discografia sempre più fitta, sconvolgente e poderosa. Ancora una volta, e senza indugi, ben tornati.