6.5
- Band: BORKNAGAR
- Durata: 00:36:00
- Disponibile dal: 30/10/2006
- Etichetta:
- Century Media Records
- Distributore: EMI
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I Borknagar, dopo una mezza dozzina di capolavori assoluti, si mettono in testa di fare un album acustico, che non può non diventare una delle uscite più attese dell’anno del metal estremo, anche se di estremo questo CD naturalmente non ha niente. Ci sono solo conferme, nell’ascolto di “Origin”, un album che guarda al tempo, alla sua creazione, trascendendo le ere, spaziando oltre ai confini raggiunti dalla mente umana. In questo viaggio sublime i Borknagar, piaccia o non piaccia, mostrano in maniera evidente, quasi brutale, che ormai i riferimenti a un certo tipo di musica dalla quale pur provengono sono stati tagliati via, quindi scordatevi di acquistare “Origin” con la speranza di avere tra le mani il ‘nuovo’ “Kveldssanger” degli Ulver o qualcosa di simile. Certo, il CD è acustico, c’è la viola, c’è il flauto suonato da Steinar Ofsdal, una delle icone nazionali norvegesi quando si parla di questo strumento, ma questa addizione porta lontano da tutto quello che è epico, nordico, pagano e via discorrendo. A volte sembra di sentire i Solefald di “Neonism” in versione acustica e meno pazzoide, altre volte si possono tirare in ballo i Green Carnation con i quali ci sono delle affinità; anche gli acustici Opeth sono distanti dalla dimensione Borknagar. L’album ha atmosfere dolci, lungi dall’essere fatate o fantasy, ci sono però le parti delle percussioni che ritmano un po’ troppo le song e la voce di Vintersorg, oggettivamente fenomenale, che vuole interpretare un po’ troppo i brani ergendosi spesso sopra tutto quando invece dovrebbe compenetrarsi al resto del complesso e restare allo stesso livello. Purtroppo “Origin” mostra come l’inluenza prog sia entrata nel DNA della band a tutti i livelli anche quando le canzoni si fanno acustiche. Non ci sono ballad ovviamente e l’unico brano dal tocco squisitamente nordico e di inestimabile bellezza, ovvero “Oceans Rise” che era presente in versione non acustica sul fondamentale “The Archaic Course” e cantata da un superlativo ICS Vortex (ora nei Dimmu Borgir), è stato reinterpretato in una maniera deprecabile, perché svilito di tutta la sua forza naturalistica intrinseca che è stata spogliata a favore di una logicità fredda e umana senza pathos. I Borknagar restano grandi e in questa release troverete grandi passaggi ed arrangiamenti, ma dove una volta la band arrivava con il cuore, oggi arriva solo con la freddezza dell’intelletto. Purtroppo il lato cervellotico fatto intravedere nel progetto parallelo Cronian sembra aver preso piede anche nel gruppo principale. Incrociamo le dita…