BORKNAGAR – The Archaic Course

Pubblicato il 01/11/1998 da
voto
8.5
  • Band: BORKNAGAR
  • Durata: 00:37:46
  • Disponibile dal: 01/11/1998
  • Etichetta:
  • Century Media Records
  • Distributore: Self

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Difficile eguagliare un superlativo “The Olden Domain”, ma i Borknagar superano brillantemente forse la prova più difficile, ovvero quella di sapersi ripetere a livelli altissimi. E non si tratta di una cosa facile: la perdita di Garm alla voce potrebbe rivelarsi un handicap incolmabile per chiunque, ma i Borknagar si presentano con questo “The Archaic Course” con una formazione molto diversa e molto competitiva. La carta vincente è il cantante I.C.S. Vortex, una voce che non si può non amare. L’album apre il sipario con l’ormai ‘storica’ “Oceans Rise”, un furioso moto ondoso di sonorità primordiali che crea un gorgo infinito al centro di quell’universo costruito in passato dalla band. Dopo un inizio in classico ‘stile Borknagar’ e una parte acustica mozzafiato e senza tempo, ecco l’entrata di I.C.S. Vortex con il suo cantato pulito semplicemente da brividi. La quiete e la tempesta: due stati d’animo, due fulcri della musica di questa band ancora indissolubilmente legata e costantemente affascinata dal panorama offerto dalla vita: “When the oceans rise and when thunder calls” è il prologo per far iniziare a fluire l’animo musicale dei Borknagar, che non conosce confini, spaziali o temporali che essi siano. Questa impressione di riuscire a fluttuare con le sensazioni grazie alle melodie continua nella successiva “Universal”, altra dimostrazione di potenza della band: ‘montagne più alte di dove possa osare la mente umana, oceani più profondi della disperazione’, ecco i non-confini irraggiungibili che si pone il gruppo nel suo viaggio musicale fatto continuamente di sfide, nel confrontarsi con forze schiaccianti. L’epicità è evidente, ma qui non si può ascoltarla (come accade nelle altre viking metal band), bensì si deve semplicemente viverla. Lo stile non è poi cambiato molto rispetto all’album precedente, ma i Borknagar hanno saputo creare un’atmosfera diversa, molto più ariosa, meno legata alla terra come nel precedente, più libera di spaziare nel cielo e per questo capace di viaggiare a ritroso nel tempo verso quell’Inizio in cui tutto cominciò a prendere forma. In questo viaggio dal presente al passato e ritorno, le canzoni si rivelano adatte al loro scopo di riportare in superficie le tappe salienti di un simile percorso sciamanico, specie “The Black Token”, in cui il nuovo vocalist fa sentire tutte le sue abilità canore. Il cantato a volte finisce su tonalità piuttosto alte, vette che un ascoltatore medio di metal estremo è poco abituato a sentire, ma qui si tratta di un cantato intelligente che sa ben inserirsi nel resto della musica. Forse “Nocturnal Vision” e “The Witching Hour” hanno il difetto di non essere memorabili, ma solo belle canzoni. “Ad Noctum” è probabilmente il brano più celebre dell’intero album, semplicemente per l’uso dell’organo che qui viene fatto. Con il senno di poi si può vedere la scelta di inserire tale canzone come un’opzione più generale che verrà ampliata nei lavori precedenti. All’epoca, comunque, “Ad Noctum” suscitò in molti parecchie perplessità, sebbene in definitiva i Borknagar abbiano confezionato un pezzo trascinante e particolare, forse dal gusto un po’ retrò, pur dotato di grande impatto. Un altro grande disco, un altro macigno nella costruzione del castello Borknagar, bello e dominante oltre che assolutamente caratteristico. E nel frattempo, nel reame, si sparge la voce della nascita di una nuova, fantastica realtà.

TRACKLIST

  1. Oceans Rise
  2. Universal
  3. The Witching Hour
  4. The Black Token
  5. Nocturnal Vision
  6. Ad Noctum
  7. Winter Millennium
  8. Fields Of Long Gone Presence
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