8.0
- Band: BRAND OF SACRIFICE
- Durata: 00:41:09
- Disponibile dal: 05/03/2021
- Distributore: Blood Blast
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Quant’è bello che, quello che probabilmente sarà il disco deathcore del 2021, arrivi da un gruppo che faceva progressive metalcore (The Afterimage, per i curiosi) e si è successivamente ribrandizzato nel deathcore più disgustoso, contaminato, nonchè battezzato nel nome del manga “Berserk” di Kentaro Miura? L’EP “The Interstice” (2018) li ha scaraventati nel famigerato Summer Slaughter Tour, il debutto “God Hand” ha alzato l’asticella e il cruciale secondo album in studio, pubblicato qualche settimana fa, sa senza dubbio di incoronazione. Quello che rende “Lifeblood” il calcio in culo che effettivamente andiamo a percepire è quella libertà e giocosità con cui una band nel pieno delle capacità tecnico-compositivie riesce ad orchestrare un lavoro che ha come fondamenta la formula riffone/doppia cassa/screaming/breakdown, manipolato con quel senso puramente millennial per la fluidità stilistica. Dentro quindi l’ultramodernità e il ‘bounce’ degli Emmure, i glitch dei Code Orange, i cori angelici da apocalisse biblica ed innesti elettronici che sembrano firmati dal Mick Gordon di “Doom” e “Doom Eternal”, affogati in ispirate e tiratissime tracce sulla falsariga degli Shadow Of Intent o dei connazionali Despised Icon. Per il gusto di esagerare, i canadesi chiamano anche un numero esagerato di guest vocalist: alcuni si mimetizzano con lo scatenato Kyle Anderson (Ben Duerr degli Shadow Of Intent su “Mortal Vessel”, Eric Vanlerberghe degli I Prevail su “Foe of the Inhuman” o Tyler Shelton dei Traitors in “Ruin”), altri giocano di contrasto come Frankie Palmeri degli Emmure in “Prophecy Of The Falcon” o l’ex Sylosis Jamie Graham, che regala un ritornello melodico à la Devin Townsend a “Vengeance”. E’ raro imbattersi in raccolte tanto divertenti e brillanti, ricche di momenti supercreativi e sprazzi bombastici ed orecchiabili, in un vortice di tumultuosa e ributtante brutalità/bestialità come ‘blegh’, gorgoglii e gutturali che vanno a braccetto con breakdown deliranti in ogni singola traccia. Un plus, che per molti rappresenterà invece uno scoglio (soprattutto per gli extreme metallers più convinti) è sicuramente la gimmick manga, anche se la dedica al mitico Guts di Berserk non va a segnare in maniera particolarmente evidente nè il reparto lirico nè quello grafico. Un disco che sa farsi spazio insomma, e permetterà all’intero genere deathcore di prosperare anche 2021, anche più di come lo scorso anno ha fatto “Immortal” dei Lorna Shore.