8.0
- Band: BRING ME THE HORIZON
- Durata: 00:44:11
- Disponibile dal: 02/04/2013
- Etichetta:
- RCA
- Distributore: Sony
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Ladies and gentleman, la risposta è mister Jordan Fish. Per sapere qual è la domanda, facciamo una piccola regressione, esaminando il percorso artistico à la Benjamin Button dei Bring Me The Horizon, che da un’adolescenza segnata dal death metal oltranzista si spostano gradualmente, uscita dopo uscita, verso un genere più accessibile e “giovane”. Se in studio i ragazzi di Sheffield non hanno mai avuto un problema, sfornando dischi molto ammiccanti e sempre ben realizzati, la loro proposta live sbandava pericolosamente, principalmente per la debole voce del poster boy Oli Sykes. L’ingresso in scena di Jona Weinhofen (I Killed The Prom Queen) e dei primi innesti elettronici hanno parzialmente risollevato la situazione, fornendo un chitarrista di valore e la scusa per avere solidi appigli in sede live (leggasi basi registrate). Da lì, probabilmente, la folgorazione: fuori Weinhofen, presenza sin troppo ingombrante, e dentro il tastierista Jordan Fish, che invade in maniera sproporzionata il terreno di gioco diventando uno dei maggiori compositori. Il risultato, levigato dalle mani esperte di Terry Date, è rivoluzionario e perfetto: i suoni sono maestosi, i riff semplici, ammiccanti, rotondi, le melodie ammalianti, i ritornelli anthemici e le tastiere… le tastiere sono immense, ampliano il campo di gioco, trasportano in territori inesplorati di musica dance, electro e ambient. Possiamo affermare senza indugi di essere davanti al “Black Album” dei Bring Me The Horizon. La semplificazione del suono è drastica e sconvolgente, tanto da allontanare una parte della fan base storica, pur mantenendo le coordinate heavy: ne sono esempio i primi (fuorvianti) estratti “Shadow Moses” e “Antivist”. La melodia prende completamente il sopravvento solo in un paio di pezzi: “And The Snakes Start To Sing” sembra uscito da “White Pony” dei Deftones e la conclusiva “Hospital For Souls” la segue a ruota, con impronta più personale. In generale, “Sempiternal” avvicina il suono dei Bring Me The Horizon ai Linkin Park di “Hybrid Theory”, in quella perfezione pop che li ha lanciati nella stratosfera, con l’elettronica che andrà a sobbarcarsi gran parte del lavoro dal vivo (e nasconderà le voci registrate in maniera discreta) assieme a grandissimi ritornelli che faranno cantare il pubblico dando fiato ad Oli (citiamo “Can You Feel My Heart”, “Sleepwalking” e “Crooked Young”), spostando verso lidi di sicurezza la dimensione concertistica dei BMTH. “Sempiternal”, nella sua furbizia, è totalmente inattaccabile, e spinge verso il futuro il suono di un gruppo già molto influente. Anche i testi sono semplificati, diretti, seguendo il feeling emozionale delle tracce. E’ un disco curato nel minimo dettaglio, finalmente un album che si può mettere in macchina e ascoltare di continuo, senza mai skippare, in continuazione. Nel complesso, è il disco che serviva a Sykes e soci, e con tutta probabilità è anche il miglior album dei Bring Me The Horizon, oggi definitivamente giunti a una maturità artistica che potrebbe consacrarli ad altissimi livelli. Anche se molti, soprattutto tra i lettori di queste pagine, non lo accetteranno.