7.0
- Band: BRING ME THE HORIZON
- Durata: 00:42:15
- Disponibile dal: 22/09/2008
- Etichetta:
- Visible Noise
- Distributore: Edel
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I Bring Me The Horizon si sono già stancati della scena death-core/”myspace death metal”. Dopo aver fatto impazzire legioni di ragazzini frangiati in tutto il mondo con “Count Your Blessings”, Oliver Sykes e compagni decidono improvvisamente di voltare pagina e di cercare altrove nuove vie di espressione (anche se il loro pubblico, ci scommettiamo, rimarrà grosso modo il medesimo). Un passo importante verso il conseguimento di una personalità spiccata e ben definita? Non proprio. Da un lato è verissimo che “Suicide Season” propone poco del cosiddetto death-core di “Count…”, ma, dall’altro, è altrettanto vero che questo nuovo album del quintetto non va oltre l’offrire una (ruffiana) fusione di Underoath, ultimi Bury Your Dead, Gallows e Architects. Dieci brani che oscillano tra potenza metal-core, attitudine punkeggiante e pseudo malessere screamo. Eppure, la proposta dei cinque ragazzini britannici, con questo continuo passare da momenti di riflessione (anche con qualche accento di elettronica) a sprazzi rabbiosi a base di chitarroni iper compressi, riesce in qualche misura a convincere. Certo, alcune delle ingenuità degli inizi non mancano nemmeno qui: testi a volte letteralmente patetici, un po’ di momenti di “dispersione” che non riescono a far prendere a qualche brano una direzione precisa, una ostinazione a cercare il breakdown che – proprio come su “Count Your Blessings” – a tratti appare fuori luogo. Ma, come dicevamo, alla fine dei conti i Bring Me The Horizon non riescono a dispiacere, nel cercare di dare ai loro brani un andamento più sciolto, nel tentativo di evitarne una scontatezza di sviluppo, alla ricerca di un equilibrio azzeccato tra la dimensione raccolta e quella più esplicitamente violenta nel corso dei poco più di quaranta minuti di durata del disco. Ad eccezione della coinvolgente e ottimamente strutturata “Chelsea Smile”, a colpire, più che i singoli brani, è il quadro complessivo, che rivela più compiutamente elementi positivi (e meno). Insomma, “Suicide Season” è il classico lavoro che si fa ascoltare e che alla fine lascia una certa curiosità per gli eventuali futuri sviluppi.