7.5
- Band: BRING ME THE HORIZON
- Durata: 00.44.59
- Disponibile dal: 11/09/2015
- Etichetta:
- RCA
- Distributore: Sony
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La storia di “That’s The Spirit” inizia con “Drown”, pubblicata come singolo a fine 2014 e, al tempo, insolitamente commerciale, anche confrontata ai recenti trascorsi di “Sempiternal”. Il pezzo ha molto successo, grazie alle linee vocali azzeccate, il video simpatico e, almeno in parte, alla venerazione totale riservata a Oli Sykes, che siamo sicuri farebbe sorpassare ogni svolta stilistica. Mesi dopo sono arrivate la sarcastica “Happy Song”, con i suoi cori da cheerleader che ricordano i Faith No More di “Be Aggressive” e Marilyn Manson di “mOBSCENE”, la trionfante “Throne”, anthemica, celebrativa e segnata dall’auto tune, e “True Friends”, dove la parte heavy e paranoica va a braccetto con tastiere alla ribalta. Questo è bastato per far volare i preorder, spingendo la band di Sheffield verso l’obiettivo dichiarato successivo al sold out della Wembley Arena: essere headliner dei maggiori festival nel vecchio e nel nuovo continente. Il problema, se può essere considerato tale, è che per raggiungere la meta i BMTH hanno dovuto sacrificare ben più di Slipknot ed Avenged Sevenfold, andando a snaturare la propria identità e toccando lidi che potrebbero essere fuori portata per il pubblico storico e per i lettori di queste pagine: parliamo del pop radiofonico della sommessa “Follow You”, delle tinte brit-pop di “What You Need” e del battito dance di “Oh No”, una canzone che ricorda gli ultimi Fall Out Boy. Resta immobile il riferimento ai Linkin Park, che emerge negli enormi ritornelli di “Avalanche”, “Run”, “Blasphemy” e nella già citata “Throne”, influenza già assimilata dal capitolo precedente e fin troppo facile da rintracciare. Ascoltando il resto del disco emerge di nuovo, in maniera distinta, il peso dell’onnipresente tastierista Jordan Fish: oggi anche nelle vesti di produttore, il ragazzo guida una band dal songwriting maiuscolo, che realizza un disco variegato e con pochi punti deboli, fresco, attuale, con innumerevoli finiture di pregio. Una vera colonna portante che si affianca ad un Oli sempre ispirato, capace di segnare i contenuti dell’album restando in territori oscuri, emozionali e perlopiù negativi, adatti alla figura di poster boy “maledetto” che si è ritagliato negli anni. Con “That’s The Spirit” i Bring Me The Horizon hanno probabilmente ultimato il loro imponente rinnovamento artistico entrando di prepotenza nelle alte caste del rock “alternativo”, senza guardarsi alle spalle. Siamo sicuri raggiungeranno il proprio obiettivo.