7.5
- Band: BROKEN HOPE
- Durata: 00:38:15
- Disponibile dal: 23/06/2017
- Etichetta:
- Century Media Records
- Distributore: Sony
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Annata di grandi ritorni per la scena death metal a stelle e strisce, che non sazia delle ottime prove fornite dai maestri Immolation, Obituary e Suffocation si appresta a riversare sul pubblico il settimo parto discografico di Jeremy Wagner e della sua temibile creatura Broken Hope, cospargendo di sangue e frattaglie queste calde giornate estive e mettendo prontamente in riga buona parte del cosiddetto filone ‘brutal’. Registrato qualche avvicendamento nella line-up rispetto al 2013 (fuori Chuck Wepfer e Shaun Glass, dentro Diego Soria dei Disgorge e l’ex Chimaira Matt Szlachta), il quintetto di Chicago continua a cavalcare l’onda del buon comeback “Omen of Disease”, mescolando tradizione e spunti più moderni con l’intento di svecchiare una formula resa celebre dai classici “The Bowels of Repugnance” e “Loathing”, senza però mai scadere in quelle esasperazioni e in quei tecnicismi divenuti simbolo di molti gruppi degli anni Duemila. Il frutto di tali sforzi è un assalto irrefrenabile ma, al tempo stesso, levigato, lucido nel perpetrare le peggiori nefandezze attraverso un riffing intelligibile e uno sviluppo ritmico che, oltre alle consuete scariche di blast-beat, non disdegna pillole groovy e digressioni caracollanti, indispensabili per stemperare l’andamento serrato della tracklist e donare un tocco catchy graditissimo in certi ambienti. L’esperienza e l’essere cresciuti in un’epoca di sostanza – fatta di vere e proprie canzoni anziché di esercizi di stile – si sentono insomma tutti, al punto che basterà mezza fruizione per cominciare a riconoscere i passaggi salienti e ritrovarsi calati nell’atmosfera horror/gore preannunciata dall’artwork e dai titoli, con il capolavoro di John Carpenter “La Cosa” a fungere da palese modello di riferimento. Un’esperienza gratificante e confortante per qualsiasi appassionato di sonorità gutturali, distribuita tra carneficine all’arma bianca del calibro di “The Meek Shall Inherit Shit”, “The Bunker” e “Blast Frozen”, in cui la frenesia e la barbarie del guitar work raggiungono livelli di guardia allarmanti, ed episodi più strutturati come “Malicious Meatholes”, “Russian Sleep Experiment” e “Hell’s Handpuppets”, disseminati di arpeggi spettrali, lievi dissonanze e rallentamenti melmosi a riprova di una penna, quella di Wagner, ispirata dall’inizio alla fine e desiderosa di mettersi alla prova senza alcun tipo di timore. Fin da subito tra gli ascolti più gradevoli dell’estate 2017.