8.0
- Band: BRUTAL TRUTH
- Durata: 00:54:36
- Disponibile dal: 27/09/2011
- Etichetta:
- Relapse Records
- Distributore: Masterpiece
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E’ incredibile come i Brutal Truth riescano ancora a confezionare album spettacolari dopo tutti questi anni di onoratissima carriera e dopo uno stop durato più di dieci anni. Ci eravamo piacevolmente fatti trascinare dalle sonorità telluriche del come back album “Evolution Through Revolution”, che andava a toccare l’aspetto più squisitamente grind della loro proposta; ora invece Dan Lilker e soci con questo “End Time” riportano in auge i fasti del capolavoro “Need To Control”, trovando la giusta amalgama tra il grindcore e l’industrial noise, senza scordarsi di aggiungere al tutto delle discrete dosi di post grind, figlie dei nostri tempi. Sebbene le sonorità peschino a piene mani da “Need To Control”, il nuovo album non risulta essere soltanto una mera copia, ma vive di vita propria. L’iniziale “Malice” è un brano lungo – rispetto alla media – e basato su di un incrocio tra ruvidità noise e pesantezza sludge core, mentre la successiva “Simple Math” è un vero e proprio capolavoro di grindcore evoluto, una della canzoni più cattive che ci sia capitato di sentire negli ultimi tempi! La band continua a massacrarci le orecchie con delle schegge fulminanti di pochi minuti, al cui interno convivono primi Napalm Death, Ion Dissonance, Exploited e Discharge, in un crescendo di intensità che ha il proprio culmine nella punkeggiante “Small Talk”. Si riesce a tirare il fiato solamente all’altezza di “Warm Embrace Of Poverty”, dove vengono riprese le sonorità iniziali a cavallo tra sludge e noise. Da qui in avanti “End Time” accantona parzialmente le velleità punk hardcore e si concentra maggiormente su di un approccio sempre molto violento ma ammantato da sonorità post core. Prova ne siano “Butcher” ed “Addicted”: la prima alle prese con un chitarrismo straniante tipico di quella scena, la seconda che vive di melodie tipicamente post, pur se sotterrate sotto tonnellate di violenza ritmica. Il finale è interessantissimo, anche se non ha nulla a che fare con il grind propriamente inteso. “Drink Up” si dipana pesantissima ai confini del doom sludge, salvo che per delle accelerazioni ritmiche presenti sul finale, mentre “Control Room” è un lunghissimo brano di puro industrial noise, che magari in molti troveranno noioso, ma che in realtà è assolutamente ben costruito da delle persone che conoscono a dovere la materia. La line up è molto affiatata e si sente! La voce al vetriolo di Kevin Sharp pare non conoscere il significato del termine invecchiamento, mentre la sezione ritmica è – praticamente da sempre – quanto di meglio si possa trovare sulla scena. Anche Eric Burke alla sei corde è decisamente cresciuto e si permette passaggi più studiati e mai banali. Una volta di più quindi i Brutal Truth si ergono al di sopra delle masse e, lungi dall’adagiarsi su quanto di grandioso hanno fatto in passato continuano invece a sperimentare partendo da quella che è la loro storia personale per evolversi ogni volta in maniera non scontata. Scusate se è poco!