6.5
- Band: BRYMIR
- Durata: 00:51:20
- Disponibile dal: 26/08/2022
- Etichetta:
- Napalm Records
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Avete presente Wordle, una specie di Scarabeo in cui si hanno sei tentativi per indovinare una parola di cinque lettere? Ecco, in un’ipotetica versione incentrata sul melodic death finnico, al netto delle vincolo delle cinque lettere, siamo abbastanza sicuri che i Brymir sarebbero tra le band più difficili da indovinare, nonostante siano in attività dal 2006. Noti più che altro per le attività parallele dei membri della band – il chitarrista Joona Björkroth con i Battle Beast, il batterista Patrik Fält con i grinder Feastem e il cantante Viktor Gullichsen come produttore – il quintetto di Helsinki dopo tre album ha finalmente l’occasione di farsi conoscere al grande pubblico grazie ad un contratto con la sempre più potente Napalm Records. “Voices In The Sky” si presenta dunque fin dalla copertina come un disco ambizioso ma, nonostante le indubbie qualità tecniche, la voglia di strafare porta i Nostri a mettere anche troppa carne al fuoco. Qualche esempio? Se la title-track in apertura e “Far From Home” suonano come una versione moderna degli Ensiferum, “Forged In War” e “Seeds Of A Downfall” mescolano blast-beat e scream dei primi Soilwork con ritornelli power che più power non si può; “Herald Of Aegir” e “Borderland” sembrano un mash-up tra le ritmiche del compianto Alexi Laiho (periodo “Hate Crew Deathroll”) con i cori e le orchestrazioni dei Blind Guardian; “Rift Between Us” la butta sul sinfonico mescolando gli ultimi Soilwork con un pizzico di Nightwish, mentre “Landfall” chiama in causa i Wintersun più futuristici in un tripudio di orchestrazioni, soli velocissimi e cori epici; chiosa finale per la conclusiva “All As One”, mini suite a metà tra gli spoken word dei Rhapsody e l’epica dei Norther. Detto che, presi singolarmente, i pezzi sono tutti validi (compresa la cover di “Diabolis Interium” dei Dark Funeral, che pure c’entra il giusto con il resto della tracklist), a questo punto il giudizio diventa puramente soggettivo: chi ama i gruppi sopracitati e prende con il giusto spirito le pacchianate, dai Dragonforce ai fenomeni da Youtube, allora con buona probabilità potrà apprezzare “Voices In The Sky”, foss’anche solo per qualche pezzo da mettere in playlist. Chi invece da un disco pretende, se non originalità, quanto meno coerenza stilistica si tenga pure alla larga, che lo spezzatino dei Brymir potrebbe risultare indigesto.