6.0
- Band: BUCKCHERRY
- Durata: 00:48:12
- Disponibile dal: 08/03/2019
- Etichetta:
- Century Media Records
- Distributore: Sony
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Il nome Buckcherry sarà sempre legato allo storico debutto del 1999, che riportò in auge il rock insolente, crudo e pericoloso una decina d’anni dopo la venuta dei Guns ‘N’ Roses, proprio negli anni in cui i riflettori se li prendeva di forza il fenomeno nu-metal. Già da “Timebomb” il sound si fece più pulito, commerciale, ma nonostante una pausa in cui Josh Todd rischiò di unirsi a Slash, Duff e Matt per un supergruppo che diventò i Velvet Revolver, i losangelini riuscirono a mantenere l’attitudine e lo ‘swagger’ con album apprezzabili. “Warpaint”, che arriva a vent’anni dal debutto, si configura da subito come un nuovo capitolo nella storia della band, con il solo frontman come unico membro originale dopo l’abbandono di Keith Nelson (chitarra) e Xavier Muriel (batteria). Ulteriori segnali non troppo entusiasmanti sono arrivati prima della data di pubblicazione, con un singolo familiare ma non troppo esaltante come “Bent” e la discussa cover di “Head Like A Hole” dei Nine Inch Nails, coraggiosa a prescindere ma incapace di lasciare il segno. Nel corpo dell’album c’è un po’ di tutto: “The Hunger” e “Radio Song” sono ballad da airplay a cervello spento, “Closer” e “Warpaint” ci buttano in faccia un riff à la AC/DC con la classica attitudine Buckcherry, “No Regrets” gioca vicino a territori pop punk e “Vacuum” ci ricorda quanto bene sa fare la coppia Josh Todd / Stevie D. Quando si tentano strade nuove (“Back Down”, “The Alarm”) si ha la sensazione di incompiutezza e smarrimento, meglio puntare su formule note o su un sempre ben accetto retro rock/blues (“The Devil in the Details”). Ci sono dei bei momenti in “Warpaint”, che mostrano le potenzialità della nuova formazione e in cui si respira aria di libertà compositiva, ma percorrere la tracklist a volte è faticoso e la mancanza di quella coesione che ha sempre caratterizzato i migliori capitoli dei Buckcherry lascia non dico delusi, ma con la voglia di qualcosa di più ‘forte’, meno ‘rock da sgabello’, di cui sappiamo i ‘Cherry sono capaci.