7.5
- Band: BUFFALO GRILLZ
- Durata: 00:40:05
- Disponibile dal: 16/05/2012
- Etichetta:
- Subsound Records
- Distributore: Goodfellas
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Secondo album per i grinder italiani Buffalo Grillz, un traguardo che – come professato dal loro leader Enrico Giannone (già noto per la fama conquistata con gli Undertakers) durante il release party dell’album – neanche loro si sarebbero aspettati di cogliere. E invece eccoci qui a martoriare i nostri padiglioni auricolari con quaranta minuti di death-grind malsano, tirato, violento, ben prodotto (masterizzato in Polonia presso i famigerati Hertz Studio) e altrettanto ben suonato. Sono diventati una realtà oramai, questi quattro scalmanati da palco, geni assoluti quando si tratta di scegliere i nomi delle loro composizioni, il più delle volte parodie di titoli celebri di film e prese in giro varie. E veniamo alle tracce, quindi. Il monologo su Dio tratto da “Cape Fear” introduce “Linkin Pork”, un brano che dopo sei o sette secondi ha già messo in mostra tutto il repertorio dei Buffalo, fatto di un uso estremo delle linee vocali, strumenti a corda volti a disegnare trame veloci e affilate e batterista che senza pietà, e senza volontà di fare altro aggiungeremmo, picchia selvaggiamente e inumanamente. Lo spartito è questo e tale rimane fino alla fine dell’ascolto. “Forrest Grind”, gettonatissima dal vivo dove spesso viene integrata dai cori del pubblico, è altro pezzo monstre con la variante finale dell’assolo di chitarra eseguito da Cristiano Trionfera dei Fleshgod Apocalypse. Infatti, su “Manzo Criminale” troviamo anche alcune partecipazioni illustri, come quella di Gordo dei Ratos De Porao sulla blasfema “Sacro E Scrofano” (ottimo il duetto vocale fra i due), Keijo dei Rotten Sound e Tom dei Mumakil, fra gli altri. I Buffalo Grillz pagano tributo a certa cinematografia italiana. Troviamo citazioni, dialoghi e rimandi a film che molti bollano come ‘trash’ e tanti altri ‘cult’ che fanno ridere più volte lungo la scaletta. E quindi ecco il mitico scambio di battute fra il prete e il pistolero “Sia lodato Gesu Cristo. Perché?”: storica citazione da “Lo Chiamavano Trinità”, che apre “Grind Sasso”, tre minuti di puro grind con degli stacchi durissimi e un lavoro di batteria incessante in quanto a dinamismo. Oppure “Il Marchese Del Grill”, una sorta di “You Suffer” dei Napalm Death inserita nella più classica delle citazioni sordiane, quella quando il marchese viene scarcerato perché ricco fra i poveri. Il Texas ha avuto il suo massacro e perché non può averlo allora Sermoneta, ridente cittadina della provincia di Latina? Qui l’arte è ridotta a due minuti di urla, grugniti e blast-beat incessanti. Plauso per “Dimmu Burger”, canzone ben strutturata e carica di un groove nella parte centrale assolutamente coinvolgente, arrangiata addirittura con un assolo di sassofono. C’è anche “Eau De Vergogn (Raul Bove)”, altra composizione che si apre con il batterista a dare il tempo e tutti gli altri a seguirlo con i loro mezzi: chi urlando chi riffando in maniera compulsiva e violenta. E, insomma, si è capito che questo album è un concentrato di rabbia, uno sfogatoio delle nefandezze quotidiane che non va assolutamente minimizzato per via dell’approccio goliardico. Giocheranno a scimmiottare i film per testi e titoli, ma quando c’è da suonare i Nostri lo fanno in maniera egregia per il genere. I Cripple Bastards rimangono inarrivabili, ma oggi il grindcore italiano ha questo altro nome con cui fare i conti. Buffalo Grillz, e sai cosa mangi!