6.0
- Band: BULLET
- Durata: 00:38:51
- Disponibile dal: 20/04/2018
- Etichetta:
- SPV Records
- Distributore: Audioglobe
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Continua imperterrito il viaggio del bus Volvo 1964 guidato dagli svedesi Bullet. Un cammino tinto di vintage, ricamato dal forte richiamo delle sonorità anni ’80, contrassegnato da un timbro heavy a dir poco classico. Un marchio registrato nel 2001 che prosegue saldo e granitico da ormai cinque album, macinando chilometri e chilometri attraverso le note esplose a suo tempo da Ac/Dc, Accept, UDO, Saxon, band fondamentali a cui i nostri s’ispirano e dalle quali hanno attinto la formula segreta per combattere e vincere facile. Un road-trip sicuramente roccioso ma che forse, giunto alla sesta fatica targato “Dust To Gold”, sta diventando fin troppo lineare e monotematico. I riff poderosi presenti all’interno del full-length sprigionano sì grinta, puzzano vivamente di denim&leather, così come la stessa voce del singer Hell Hofer riprende con accuratezza la gracchiante ugola del buon Udo Dirkschneider, ma tra i dodici brani proposti, pur gradevoli ed energici, i tentativi di deviare, anche solo leggermente, la traiettoria sono praticamente assenti. Ed è soprattutto la prestazione dello stesso Hofer a far storcere il naso in più di un’occasione: quella che infatti inizialmente sembra un’arma vincente si trasforma, con il passare dei minuti, in una sorta di punto debole dell’intero album. Possente, nulla da dire, trascinante finché volete, ma quel ‘filo del rasoio’ sul quale rimane perennemente appeso diventa alla lunga stridente e per alcuni versi fastidioso, andando così a ‘storpiare’ l’armonia metallica creata dal resto della band nel corso degli anthem hard-rock che si susseguono nei vari pezzi. E dire che i prodromi erano di tutt’altro spessore: l’adrenalina diffusa dall’opener “Speed And Attack” è di quelle roboanti, che ti fanno smuovere dalla sedia come quelle hit tambureggianti scalfite anni or sono dai gruppi citati in precedenza. Un attacco al fulmicotone che si assesta bene con la successiva “Ain’t Enough” ma che, con il trascorrere dei minuti, pur mantenendo quella sana attitudine rock, con tanto di battipiede in stile Ac/Dc, non riesce mai a distaccarsi dalle linee sonore già incise, mentre lo sgolarsi di Hofer procede senza tregua. “Rogue Soldier”, “Fuel The Fire”, e ancora “Highway Love” in una sorta di versione live, fino alla corale “Wildfire” entrano comunque con piacere nei padiglioni auricolari, sganciando la solita dose di metallo luccicante e massiccia ma, a parte questo, di scossoni degni di tale nome non se ne registrano tanto da arrivare alla conclusiva titletrack con sollievo e nel contempo con una certa assuefazione. Con “Dust To Gold” i proiettili svedesi, a dispetto dell’oro a cui fa riferimento il titolo dell’album stesso, hanno perso un po’ di smalto, o meglio di piombo. Il bus Volvo 1964 prosegue dritto, senza tregua, ma stavolta la marcia è rimasta in folle.