5.5
- Band: BULLET FOR MY VALENTINE
- Durata: 00:44:24
- Disponibile dal: 12/02/2013
- Etichetta:
- Sony
- Distributore: Sony
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Ha del potenziale, ma non si applica abbastanza. Lungi da noi voler assumere i panni pedagogici, ma ci tocca prendere matita rossa e blu e ricorrere alla frase più abusata dai professori per giudicare la quarta fatica dei Bullet For My Valentine, additati all’esordio, insieme a Trivium e Avenged Sevenfold, tra le nuove leve della classe metallica – i Little 3, rispetto ai Big 4 – ma contraddistinti da un percorso involutivo inverso. Se infatti le formazioni capitanate da Matt Heafy e M. Shadows hanno saputo rinnovarsi, Matt Tuck e soci sembrano aver invece intrapreso un percorso del gambero che li ha portati, dopo il promettente debut “The Poison” e il comunque divertente “Scream Aim Fire”, al mediocre “Fever”, preludio all’ancor meno ispirato “Temper Temper”. Il disco in realtà parte abbastanza bene con “Breaking Point”, pezzo dotato di un buon tiro grazie soprattutto al lavoro delle due chitarre e allo zampino di Don Gilmore, ma si rivela la punta dell’iceberg di una tracklist divisa in due. Da un lato, i pezzi più ‘in your face’ (“Temper Temper”, “Riot” e “Not Invincible”), divertenti a patto di non prenderli troppo sul serio, come se si stesse ascoltando un bigino di thrash metal d’annata (Metallica, Megadeth, Overkill) coverizzato dai Muppets; dall’altra, le classiche ballad (“P.O.W.”) e semi-ballad (“Dirty Little Secret”, “Dead To The World”), di fronte alle quali vien voglia di riesumare i cari vecchi accendini, ormai rimpiazzati dagli omnipresenti cellulari, non tanto per un’ondata di nostalglia, quanto per poterli accostare ad una bomboletta spray in prossimità della frangia di Matt. Menzione a parte merita “Tears Don’t Fall (Part 2)”, becero tentativo di bissare il successo della primogenia hit con un sequel non all’altezza, ma comunque tra gli episodi migliori di un album in cui trovano posto ben altre ciofeche come “Livin Life (On The Edge Of A Knife)”. Il buon lavoro chitarristico in fase solista, qualche ritornello azzeccato e l’atmosfera sanremese di questi giorni salvano “Temper Temper” da una più sonora bocciatura ma, conoscendo il potenziale del combo gallese, tanto è il rimpianto per quello che avrebbe potuto essere e invece non è stato.