voto
8.0
8.0
- Band: BULLET
- Durata: 00:39:00
- Disponibile dal: 14/02/2011
- Etichetta:
- Black Lodge
- Distributore: Audioglobe
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Testi di una banalità che al confronto quelli dei Manowar sembrano scritti da Immanuel Kant; riff di chitarra copiati, triti e rimodellati che sembrano usciti da un generatore automatico di canzoni che si alimenta con la discografia di Saxon, AC/DC, Iron Maiden e Judas Priest; atteggiamento da quattordicenni in estasi per la chitarra ricevuta a Natale da papà; un cantante che sembra il Jack Black bambino di “Tenacious D” con un collo taglia Mike Tyson. Band da evitare come la morte quindi? No, perché questi sono i Bullet e vi faranno vivere momenti di pura esaltazione metallara non facendovi vergognare neanche per un istante di scuotere la testa e cantare a squarciagola mentre siete in coda al semaforo. Ecco quindi che gli svedesi, al bivio della loro carriera, quando ancora potevano scegliere se tentare di essere una band pronta a galleggiare nel marasma musicale dei gruppi in cerca di autore, parafrasando Pirandello, scelgono invece di diventare una cover band di se stessi. Dieci brani, dieci autentiche hit, superprodotte, tutte pronte per essere cantate dal vivo, con cori e refrain perfetti per l’interazione band-pubblico. Non scrivono canzoni per cercare di scrivere musica, i Bullet, ma buttano giù brani perfetti per la dimensione ideale del gruppo, quella live, e quindi ecco che i pezzi abbondano di ruffianeria da palco. Ma veniamo a parlare di qualche brano: l’esordio è di quelli roboanti, pura spacconeria… una bella rullata, chitarre che stridono, un fischio d’adunata cinofila di Biff Byford e giù con l’heavy metal di “Highway Pirates”. Il seguito è anche meglio: “Back On The Road” è la canzone dell’anno con un riffing di chitarra palesemente AC/DC anni ’70 e i vocalizzi di tutto rispetto del coriaceo cantante, unico tratto distintivo del gruppo, a duettare con i coristi. Si rimane sul rock ancora su “Stay Wild”, mentre è una goduria ascoltare “Down And Out”. “Knuckleduster” è ancora un tributo agli australiani dei del rock, mentre “Heavy Metal Dynamite” è una sorta di inno al metal dominato dalla melodia. Strepitoso il refrain di “City Lights”, mentre “Into The Nights” chiude l’album all’insegna del virtuosismo alla sei corde, puro heavy metal. Pacchianeria? Qualunquismo? Mancanza di personalità? Ascoltate l’album e trovate voi la risposta. A noi di Metalitalia.com quest’album, “ce piace”.