7.0
- Band: BUNKER 66
- Durata: 00:31:56
- Disponibile dal: 30/04/2021
- Etichetta:
- Dying Victims Productions
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Quella sana voglia di black/thrash. E’ con questo desiderio affilato e pestifero che accogliamo il ritorno dei Bunker 66, trio messinese adepto alle sonorità più estreme dove lungo il perimetro di un ipotetico pentacolo si tengono per mano Venom, Celtic Frost, Motörhead, Exciter e Slayer, i primissimi Slayer. Dopo il valido “Chained Down In Dirt” di quattro anni fa, la band siciliana ha rimesso infatti il piede sull’acceleratore, lanciandosi in un nuovo e furioso attacco frontale senza compromessi. Un thrash tinto di black in cui, oltre ai riff ipermaligni sparati alla velocità del suono, (“The Blackest Of Omens”), si fanno largo stacchi più epici ed heavy (“MaliciousSeditious”) così da dare quel tocco di varietà ad una trama che potrebbe portare ad una omogeneità di fondo fin troppo evidente. A guidare le fila c’è sempre la coppia ritmica formata dal singer e bassista Damien Thorne ed il drummer Dee Dee Altar, già batterista dei Children Of Technology, alla quale, per il secondo album consecutivo, si è unito il chitarrista J.J. Priestkiller.
Una formula trio che ha sicuramente trovato maggior amalgama e convinzione nel nuovo full-length, come dimostra la maniac speed “At Our Master’s Behest” (la migliore del lotto). Un ‘più’ rispetto al precedente lavoro che viene consolidato anche da una produzione lineare e compatta. Proposta variegata quindi, che trova comunque il suo trait d’union nell’ugola latrante dello stesso Throne, abile a destreggiarsi tra autentici scream al limite della disperazione ed episodi più clean e misurati. Un poutpourri estremo in grado di raccogliere a sé più sottogeneri con i rispettivi sostenitori: dal thrash al black, dallo speed al punk (“Regret Every Breath” e “Die On Monday”). Elementi che raggiungono piena manifestazione nella conclusiva e marcia titletrack la quale, come l’opener “To The Gates Of Death/Lair Of The Profaner”, traccia le giuste coordinate del ritorno dei Bunker 66. Grezzo, carismatico e blasfemo, tanto il disco quanto la copertina: “Beyond The Help Of Prayers” conferma l’ottimo stato di forma del terzetto tricolore.