voto
9.0
9.0
- Band: BURZUM
- Durata: 00:50:30
- Disponibile dal: 08/03/2010
- Etichetta:
- Byelobog Productions
- Distributore: Audioglobe
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Nel caso di Varg “Count Grishnackh” Vikernes non basta lo spazio di una recensione per spiegare questo personaggio che è storia del black metal e della cronaca (nera) internazionale, norvegese in particolare. Il fondatore dei Burzum e membro per un periodo dei Mayhem, uccise il 10 agosto del 1993 il leader di questi ultimi Euronymous (Øystein Aarseth). Varg è stato anche accusato di aver preso parte ai roghi che ad inizio degli anni ’90 distrussero diverse chiese in territorio norvegese. Il suo processo fu seguitissimo dalla stampa di allora per le sue implicazioni religiose e anche politiche, in quanto sembrava che Varg fosse sostenitore di ideologie estremiste. Ma questo ormai lo sanno tutti. La sorpresa di vedere un nuovo album dei Burzum nel 2010 è davvero grande, quasi inimmaginabile. Cosa ancor più sorprendente è che “Belus” è un album al 100% black metal, e la scelta non era così scontata poiché durante gli anni di reclusione sembra che Varg avesse dichiarato che il rock (e quindi strumenti musicali come la chitarra) ha “origini afro e non ariane”, e per questo non va suonato. Non a caso durante la prigionia uscirono gli album ambient “Dauði Baldrs” nel 1997 e “Hliðskjálf ” nel 1999. Ben venga allora la poesia pagana di “Belus”, un album assolutamente da brividi. Anche se ‘odiate’ questo personaggio per i suoi trascorsi nella vita privata, le cui conseguenze forse hanno spostato il corso della storia del black metal con l’uccisione di uno dei suoi padri fondatori, il valore di un album come “Belus” è indiscutibile. Superiore per pathos all’unica altra release di Burzum che può venir accostata a questo nuovo album – ovvero “Filosofem” del 1996 in cui Varg introdusse elementi ambient pur non eliminando del tutto la parte propriamente metal del suo sound – la genialità di “Belus” è cristallina e si ha come l’impressione che questa release sia destinata a fare scuola nei prossimi anni. Già in passato i Burzum sono stati uno dei gruppi che più di altri hanno influenzato un esercito di giovani band e “Belus” segnerà il destino di una nuova ondata. Il riffing è poesia pura, basta chiudere gli occhi per vedere indimenticabili paesaggi nordici ma che non sembrano appartenere al mondo terreno, sembrando bensì avvolti da un manto divino, immagini che rimandano ad un aldilà meraviglioso dove regna la pace. Piacciono i Burzum in questa loro versione mistica, pagana e semidivina; a questi elementi nuovi, poiché diversi dai contenuti proposti su “Filosofem”, permangono i capisaldi delle vecchie release dei Burzum, ossia quell’uso infinito e ripetitivo del riffing per interi minuti. La ripetizione qui è catartica, da sola ha la forza di dar forma ad una dimensione sonora che si arricchisce sempre più ad ogni minuto che passa; tutto sembra immobile e uguale, ma nel frattempo è la vostra mente ad aver elaborato visioni diverse. Tutto scorre e tutto muta, lentamente, ma in un crescendo di emozioni. L’album è cantato pochissimo e quando, per la gioia di molti, è presente lo screaming di Varg questo lo troverete cambiato, non somigliando più al classico latrato di cane che aveva caratterizzato in passato il suo modo estremo di cantare. Uniche canzoni che si differenziano per lo stile dal resto del CD sono “Kaimadalthas’ Nedstigning”, in cui si risentono alcuni echi della tradizione black/thrash norvegese di una ventina d’anni fa, e la successiva “Sverddans”, anche questa animata da una materia extreme metal grezza e primordiale in cui sono presenti elementi death metal, ma alla quale è stato affiancato un riff davvero bizzarro, traslato con molta probabilità dal folk popolare. Un esperimento particolare, ma non esaltante. Per il resto si può dire che “Belus” è un album perfetto che farà la gioia delle migliaia di fan dei Burzum, ma che interesserà sicuramente anche gli appassionati del pagan metal. “Belus” è un regalo fatto direttamente dal dio del Sole a noi mortali per illuminarci. Per una volta Varg ha fatto una buona azione, forse anche lui è stato illuminato. Questo è l’album della riconciliazione definitiva con i suoi detrattori: bentornato tra noi, Varg.