6.0
- Band: BURZUM
- Durata: 01:08:35
- Disponibile dal: 02/06/2014
- Etichetta:
- Byelobog Productions
- Distributore: Audioglobe
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Esiste un Varg Vikernes che fa dischi black metal ed uno che fa dischi ambient? Probabilmente, no. Molto di “The Ways Of Yore” usa la struttura compositiva facilmente riscontrabile negli altri lavori pubblicati sotto l’egida Burzum: una melodia appena percepibile ma incalzante, ripetuta in modo ossessivo, eppure con diverse piccole variazioni a donare dinamica, le “percussioni” che si fermano, quasi a ricordare un classico del black metal norvegese, quando la batteria sparisce all’improvviso, lasciando spazio alle sole chitarre. Come è già evidente a chi segue il progetto Burzum, ciò che è stato proposto in chiave ambient può tranquillamente essere traslato in black metal, anche se l’ultima fatica del famigerato Conte ha parecchi elementi che spiazzeranno i seguaci della sua dottrina: nonostante i suoni molto più puliti rispetto a “Dauði Baldrs” e “Hliðskjálf” e distanti dall’interlocutorio “Sôl Austan, Mâni Vestan”, questo disco è più primitivo e tribale, due aggettivi che potrebbero stridere nel contesto del discusso e discutibile pensiero di Vikernes. E probabilmente le tematiche degli studi di Marie Cachet, sua compagna nella vita, hanno avuto una forte influenza su questo lavoro (come testimonia il film “ForeBears” girato dai due), dando al respiro musicale di questa produzione una dimensione in un certo senso differente dal “solito” Burzum. Non temano, comunque, gli affezionati dell’approccio destrorso e smaccatamente da “white supremacy”: Varg non si è ravveduto, anzi, sposando le teorie della Cachet si è, forse, estremizzato. Pur dovendo scrivere di un disco, è difficile prescindere dal messaggio di cui è alfiere, questione sempre presente quando si pensa a Burzum, anche perché gli album in questione sono, specie nel periodo “post carcere”, dei veri e propri manifesti. Noi non siamo qua per parlare di politica, però, ma per raccontarvi come è questo “The Was Of Yore”. Assolutamente trascurabile, per i più. Manca l’ipnotica ossessività dei due dischi prodotti in carcere e – sopratutto – mancano quei suoni grezzi, alla Mortiis (Era I) che davano al tutto un’aura di rabbiosa istintività. “The Ways Of Yore” è, forse, più maturo, sicuramente prodotto con una certa cura e degli ottimi suoni, ma cade, troppo spesso, nella noia o, per vederla da un’altra prospettiva, nella mera musica da sottofondo. Il disco può essere interessante per gli amanti della musica di Burzum: le atmosfere tipiche del sound di Vikernes si intuiscono abbastanza facilmente e potrebbe finire per piacere, anche se – forse per la prima volta in una lunga discografia – il tutto appare un po’ scontato e prevedibile. Non ci sentiamo di dire che sia un brutto disco, ma neanche un album all’altezza del nome Burzum. Esiste, poi, qualcosa che non vogliamo assolutamente inserire nella valutazione finale: se non riuscite a scindere le idee della persona dalla sua musica (atteggiamento assolutamente lecito), allora potrete alternativamente odiare od amare questo disco. Chi scrive una recensione fa del suo meglio per essere obiettivo, ma chi ascolta un disco non ha assolutamente questo dovere.