7.0
- Band: BURZUM
- Durata: 01:05:13
- Disponibile dal: 21/05/2012
- Etichetta:
- Byelobog Productions
- Distributore: Audioglobe
Spotify:
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Il ‘nuovo’ Burzum non è più una novità e, in quanto tale, ha perso parte del suo fascino. Questo può essere, in sintesi, il verdetto sul nuovo “Umpskiptar”, terzo album (escludiamo volutamente dal conteggio la riedizione dei vecchi lavori edita sotto al titolo di “From The Depths Of Darkness”) dell’era post-carcere di Varg Vikernes. Dopo la stupenda sorpresa di “Belus” e la conferma di “Fallen”, questo “Umpskiptar” non sorprende né risulta esaltante al pari delle due precedenti release. L’ispirazione nordica ed epica c’è sempre, naturalmente; quella musicale, invece, si è afflosciata un po’ e a tratti risulta stagnante. L’ego dell’autore del CD, sempre stato sopra la media, su questo album sembra ancor più accresciuto: il bardo Varg, infatti, si concede diverse (e troppe) parti in cui narra i suoi testi intrisi di mitologia nordica come se si trattasse più di un racconto di una saga che di un brano musicale. Il risultato è sicuramente di forte impatto, ma si ha l’impressione che Varg abbia un po’ esagerato: i suoi estimatori probabilmente avrebbero preferito un album più suonato che ‘narrato’. Ad ogni modo, è solo la parte conclusiva dell’album ad annoiare o ad imprigionare in stati catartici l’ascoltatore: il resto dell’album è impostato su quanto già mostrato sul precedente “Fallen”. Burzum però su “Umpskiptar” inizia inevitabilmente a ripetersi in alcuni riff ed in alcune metriche liriche: manca sicuramente la freschezza compositiva di un paio di anni fa. Anche la produzione è leggermente peggiorata rispetto al recente passato e anche questo è un lieve decadimento che con il passare degli anni potrebbe portare al declino di Burzum. Se Varg continua a sfornare un album all’anno è facile che la sua vena ispiratrice si consumi piuttosto in fretta e che in un paio di uscite discografiche si prosciughi in modo definitivo. A parte queste critiche, non dobbiamo dimenticare che il livello che Burzum riesce ad ottenere è sempre superiore a buona parte della concorrenza: un genio della musica black metal nasce tale, non lo diventa con il tempo. La prima parte del CD è molto suggestiva anche se affatto innovativa, e non ci si meravigli per l’utilizzo ad inizio e fine di “Alfadanz” di un pianoforte dai toni morenti e così struggenti da sembrare un carillon, perché per anni il ‘Conte’ ha utilizzato le tastiere. L’album farà inevitabilmente la gioia dei fan di Varg, soprattutto quelli che sono entusiasti del ‘nuovo corso’ epico e riflessivo; peccato che, a poco a poco, i riff old school e alcune parti veloci vengano silenziosamente e progressivamente abbandonate. “From The Depths Of Darkness”, con il suo azzardo nel voler ripresentare brani black metal che appartengono a un’altra epoca, aveva mostrato che Burzum ha inevitabilmente intrapreso un nuovo cammino e “Umpskiptar” ne è la definitiva riprova. Per chi osa seguire Varg Vikernes ovunque e comunque.