8.0
- Band: BUTCHER BABIES
- Durata: 00:38:45
- Disponibile dal: 27/10/2017
- Etichetta:
- Century Media Records
- Distributore: Sony
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Molti li avrebbero dati per persi dopo il non brillante “Take It Like A Man”, ma i Butcher Babies sono ancora qui con il nuovo “Lilith”, e questa volta per vincere, non solamente per partecipare. Gli In This Moment di serie B si ripresentano alla porta e non bussano, la abbattono, sfoderando un mix di violenza e melodia questa volta credibile. E ‘credibile’ è la parola chiave di questo album, perchè per una volta il gruppo si manifesta solido e inattaccabile da facili commenti riguardanti elementi extramusicali. Thrash, metalcore e soffici atmosfere pop-oriented, qualche uscita death e una sorprendente escursione blacky si uniscono per un risultato che disorienta, colpisce e frattura ossa in ogni brano con una ferocia lucida, grottesca e sovversiva. Se l’attacco assassino di “Burn The Straw Man” non bastasse a fare capire le intenzioni del combo proveniente da Los Angeles, le atmosfere scippate al black sinfonico della title track non lasciano dubbi riguardo la perversione della proposta del gruppo. Ma è soprattutto un clima folle e malato che domina questo album, mood che ben emerge dalla viziosa “Headspin”, tanto catchy quanto facile da assimilare, così come dalla drammatica “Korova”, dotata di un chorus straziante e tragico che farebbe la fortuna di qualsiasi band minore. “Look What We’ve Done”, che potrebbe essere stata scritta da una versione impazzita dei The Pretty Reckless, è oggettivamente una potenziale hit da classifica generalista, e si staglia su un album duro come il marmo e violento come un incontro della CZW, ma a tratti anche ironico ed ammiccante, che vive di contrasti e chiaroscuri. Musicalmente i Butcher Babies mostrano di saperci fare alla grande, ma questa non è una novità; il muro chitarristico che Henry Flury riesce a creare ben interagisce con la terremotante sezione ritmica composta da Jason Klein ed il nuovo batterista Chase Brickenden, ma le stelle sono tutte per Heidi Shepherd e Carla Harvey, autrici di una prova superlativa davvero priva di sbavature, premiata da una produzione oggettivamente superiore. Certo, il passato delle due cantanti parla prima di loro, crea come sempre facile ironia e provoca superficialità nell’approccio al disco, così come le leggerezze mostrate nelle precedenti uscite della band, ma “Lilith” sorprenderà e non poco l’ascoltatore che riuscirà a superare il pregiudizio iniziale.