7.5
- Band: BYTHOS
- Durata: 00:41:38
- Disponibile dal: 19/04/2024
- Etichetta:
- Terratur Possessions
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Se dal fronte Behexen non si può dire che arrivino grosse notizie, con l’ultimo disco in studio (il notevole “The Poisonous Path”) risalente addirittura al 2016, in tempi più recenti il frontman M.S. e il chitarrista M.L. hanno comunque espresso le loro convinzioni sataniche attraverso la musica dei Bythos, facendosi dapprima segnalare con un debut album accolto a braccia aperte da molti fanatici della vecchia scena melodic black metal (“The Womb of Zero”, rilasciato in piena pandemia) e oggi, a quattro anni di distanza, riaffacciandosi sul mercato con un’opera che ne leviga ulteriormente l’approccio e l’estetica nel segno di rispetto sacrale verso alcuni capisaldi del genere.
Completato dal batterista L.R. (Demilich, Horna) e supportato ancora una volta dalla Terratur Possessions, il gruppo scandinavo confeziona una tracklist dall’alto potere mistico e suggestivo, nella quale convergono sia il desiderio di non discostarsi da certe formule codificatissime, sia la volontà di realizzare qualcosa di sentito e distintivo, almeno se rapportato alla media di album ispirati alle gesta di Jon Nödtveidt.
I Dissection di “The Somberlain” e “Storm of the Light’s Bane” restano ovviamente il primo punto di riferimento per il terzetto, nuovamente alle prese con un suono in cui la fusione di black, death e puro e semplice heavy metal la fa da padrone, ma – ricollegandosi a quanto già fatto nel 2020 – qui il tutto viene immerso in tempi e atmosfere che sembrano effettivamente scandire un rituale meditativo a base di incenso e sangue, lasciando quasi che l’aggressività resti sullo sfondo in favore di un clima perlopiù cerimoniale, raccolto, profondo.
Muovendosi su agili up e midtempo, con i blast-beat a fare la loro comparsa soltanto nel finale dell’ottima “Daimon of Nullification”, il disco si eleva spesso in una preghiera (diabolica) dove lo screaming espressivo e declamatorio di M.S. gioca un ruolo chiave nella narrazione, mentre un riffing armonioso e lineare, lungi dal volersi complicare la vita o dall’intensificare i toni generali, abbraccia i vari episodi come un drappo di velluto nero, talvolta supportato da morbide punteggiature di tastiera (“Thoughtless Light”) o da arpeggi acustici utili a rimarcare il carattere ardente e passionale della proposta (“Resurrection”).
Nella quarantina di minuti di musica di “Chthonic Gates Unveiled”, in sostanza, vi è poco di quell’ermetismo caro a molti adepti contemporanei della Nera Fiamma, ma – complice il suddetto taglio liturgico – non si può neanche affermare che l’ascolto si allinei perfettamente a quello dei tipici omaggi al circuito di metà anni Novanta, per una quadra stimolante fra la celebrazione di un’epoca irripetibile e la personalità data da un’esperienza inattaccabile.
Un mood denso e solenne che neanche il singolo “Wolves of Hades”, thrasheggiante alla maniera dei Necrophobic di “The Nocturnal Silence”, stempera più di tanto, per un ritorno che, nel suo fare sicuramente meno rumore di altri in termini di hype online, restituisce appieno la poetica e la spiritualità di questo genere dannato.