BYZANTINE – Harbingers

Pubblicato il 24/06/2025 da
voto
8.0
  • Band: BYZANTINE
  • Durata: 00:42:26
  • Disponibile dal: 13/06/2025
  • Etichetta:
  • Metal Blade Records

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Byzantine, anno 2025: l’anno, finalmente, della seconda rinascita. Un ritorno sulle scene piuttosto inaspettato, perlomeno fino a qualche mese fa, quando la band della West Virginia ha ripreso a far parlare di sè; ma anche un ritorno altamente desiderato, se si pensa a quanto di buono ha fatto il gruppo nel corso della sua carriera, sebbene tanto spezzettata e mai assurta a livelli di successo che andassero oltre l’underground pregiatissimo ma di nicchia.
Capolavori del calibro di “…And They Shall Take Up Serpents” (2005), l’eponimo disco del 2013 e l’ultimo “The Cicada Tree” del 2017, pur se per forza dimenticati nello svolgersi incessante del tempo e travolti dai milioni di uscite discografiche nel frattempo intercorse, dovrebbero ben dirvi qualcosa, richiamare alla memoria delle reminiscenze fulminee di lavori freschi, tecnicamente ineccepibli, in parte innovativi e originali, sicuramente personali, promuoventi un progressive-thrash groove metal ad ampio respiro, composto sia ‘di pancia’ che con attitudine cerebralmente attiva e curiosa, mai sfacciatamente teso all’orecchiabilità ma assolutamente accessibile a chi si ciba costantemente del meglio del metallo americano ed europeo non troppo estremo.
Si passa da chiarissime influenze Pantera e Meshuggah, per planare un po’ ovunque tra Gojira, Machine Head (quelli buoni, eh!), Mastodon, Nevermore, Cynic, Devin Townsend, sprazzi più power-prog con spunti di neoclassicismo negli assoli, elementi palesamente thrash metal compresi di mille diramazioni più o meno tecniche.
Ma la forza dei rinati Byzantine, ripuliti dai richiami succitati, è l’altissima qualità del loro songwriting, la precisione e la cura negli arrangiamenti di chitarra, nelle linee di basso, nei pattern di batteria e, insomma, nell’attenzione che mettono in ogni singola nota suonata in questo “Harbingers”, settimo disco sulla lunga distanza della band di Charleston.
I nostri si ripresentano al via otto anni dopo “The Cicada Tree” avendo dovuto attraversare nel silenzio la pandemia di Covid-19 e nel dolore la scomparsa dello storico batterista Matt Wolfe (2021): tale iato e tali prove di resistenza (o resilienza, come piace usare adesso) hanno convinto l’ottimo chitarrista Tony Rohrbough a risalire sulla barca e a farla uscire dal molo, riportandola in mare aperto. Grazie alla sinergia con l’altro membro fondatore, il cantante-chitarrista Chris ‘OJ’ Ojeda, e con l’altro chitarrista, Brian Henderson, possiamo tranquillamente affermare che il lavoro alle sei corde su “Harbingers” è semplicemente fenomenale, in sede di riffing così come durante gli assoli, oppure quando entrano in gioco calde chitarre acustiche e spagnoleggianti. La produzione della vecchia volpe Peter Wichers è davvero ottima, moderna e pulita ma con un tocco rétro e underground che piace tantissimo, un po’ alla Terry Date su “Vulgar Display Of Power” dei Pantera.
La sezione ritmica composta da Matt Bowles alle pelli e dal nuovo bassista Ryan Postlethwait – nuovo mica tanto, è in line-up dal 2018 ma questo è a tutti gli effetti il suo primo album in studio con i Byzantine – spacca tutto quello che c’è da spaccare con ritmiche telluriche e, spesso, dissonanti. Ojeda, infine, con l’aiuto proprio di Postlethwait, spazia tra puliti potenti e mai esagerati ed un digrigno ferale che non lascia prigionieri.
“Harbingers” è l’ennesimo gioiello che va ad incastonarsi nella ormai larga collana Byzantine, inaugurata da quel sorprendente “The Fundamental Component” che più di vent’anni fa ci fece strabuzzare gli occhi e allertare le orecchie. Questo settimo tassello è definibile certamente come ‘il disco della maturità, della pienezza’, del ‘tutte le cose vanno al loro posto ora’, nonostante ogni opera precedente abbia lasciato dietro di sè stati di meraviglia e stupore.
Una tracklist di nove pezzi e durante appena sopra i quaranta minuti è perfetta per farci riconciliare con la musica del gruppo: “Harbingers” si dipana fantasioso, vario e potente per tutta la sua fruizione, un flusso unico che ha pochi picchi verso il basso e anche verso l’alto, presentando invece un continuo tracciato verso i piani alti del gradimento musicale. Giusto per citare i tre brani preferiti di chi scrive, potremmo dirvi di ascoltare bene “The Clockmaker’s Intention”, “Kobayashi Maru” (applausi per la citazione di Star Trek!), vere cattedrali di riff arzigogolati e trovate compositive non comuni, e la quasi title-track, dal canto suo impostata su di un diretto 4/4 ma poi trascinata da chitarre dal groove micidiale.
Vi lasciamo, senza altre parole proferire, all’ascolto di “Harbingers”, una vera manna per i condotti uditivi, una nuova testimonianza artistica di un gruppo che mai riuscirà a raccogliere quanto avrebbe meritato fin dal suo esordio, ma che fa enormemente piacere rivedere vivo, vegeto ed in forma più che mai!

 

TRACKLIST

  1. Consequentia
  2. A Place We Cannot Go
  3. Floating Chrysanthema
  4. The Clockmaker's Intention
  5. Riddance
  6. Harbinger
  7. The Unobtainable Sleep
  8. Kobayashi Maru
  9. Irene
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