7.0
- Band: CAGED
- Durata: 00:30:15
- Disponibile dal: 17/10/2022
- Etichetta:
- Ugly and Proud Records
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È una scarica di metalcore vecchia scuola – o edge metal, come veniva denominato in certi circoli una ventina abbondante di anni fa – quella proposta dagli emiliani Caged. Un genere che ha vissuto fasi di popolarità decisamente alterne, ma che evidentemente non muore mai, perlomeno nel circuito underground. Appare poi naturale che una simile proposta musicale ci venga oggi presentata da una realtà italiana, dato che il nostro paese è stato per anni uno dei punti di riferimento per questo particolare filone di hardcore ultra metallizzato: pensiamo, ad esempio, a Reprisal, Sentence o Purification, tutte band che tra i tardi anni Novanta e i primissimi Duemila fecero il bello e il cattivo tempo nel fondere un velenoso riffing di chitarra slayeriano e un concept/messaggio lirico prettamente hardcore (straight edge, veganismo, diritti degli animali, ecc). I Caged evocano attorno a sé il medesimo immaginario e si affidano a una formula collaudata che, come accennato, ha ancora una sua fedele cerchia di estimatori. Gli affilati riff e le ossessive percussioni di “Will of Iron”, vera opener dopo l’inquieto intro “Oppressed. Exploited. Downtrodden”, sono sintomatici di quanto si continuerà a sentire proseguendo nell’ascolto di “A Prison Built To Slowly Die”. L’approccio è rabbioso e percussivo, ma il gruppo non forza mai le ritmiche, restando spesso su una sorta di agile midtempo che ben si presta a venire accelerato o a sfumare in cupi breakdown o in parentesi introspettive, a seconda delle esigenze. In questo senso, i ragazzi ricordano soprattutto i conterranei Sentence, i più groovy del trio succitato, muovendosi con una certa disinvoltura in un percorso zigzagante che lascia profonde tracce sia del retaggio slayeriano che di quello tipicamente mosh hardcore. Il fatto che i brani non seguano tutti lo stesso schema e che si assestino piuttosto spesso su tempi medi rende la tracklist ariosa e il suo sviluppo poco prevedibile, anche se ogni tanto, com’è giusto che sia, i Caged rompono gli indugi e omaggiano in tutto e per tutto i vecchi maestri con qualche parentesi/tributo legittimamente old school. Del resto, non è il caso di pretendere originalità da un disco/progetto come questo: la ricerca va orientata verso un’energia e una spinta vitale che ci faccia smuovere e confrontare la vita anche nei suoi aspetti più ambigui e tragici. In questo senso, il quartetto raggiunge l’obiettivo, confezionando un’opera che, per essere un debutto, ha davvero poco fuori posto. Segnatevi questo nome se vi manca il ‘vero’ metalcore di una volta.