7.0
- Band: CALIBAN
- Durata: 00:54:31
- Disponibile dal: 22/04/2022
- Etichetta:
- Century Media Records
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E sono ora venticinque le candeline da spegnere sulla torta dei Caliban, ormai vera e propria fortezza del metalcore europeo insieme ai cugini Heaven Shall Burn. Compleanno importante festeggiato con il dodicesimo album in studio e la solita coerenza artistica che li ha mantenuti formazione di rilievo all’interno del Vecchio Continente, con l’occhio di riguardo della scena internazionale senza ombra di dubbio. Il precedente “Zeitgeister”, nient’altro che una rilettura in lingua madre dei classici della band, faceva presagire all’attuale focus artistico del quintetto, ovvero il consolidamento della propria posizione senza rischiose passeggiate sperimentali; un obiettivo che possiamo ritrovare facilmente in “Dystopia”, raccolta di dodici tracce che vanno a ripercorrere l’ormai classico metalcore di matrice Killswitch Engage senza dimenticare il recente amore – nonché unica evoluzione in carriera – per i Bring Me The Horizon. Della prima scuola, rappresentante il vero e proprio DNA dei tedeschi, possiamo apprezzare praticamente tutte le tracce che vedono una collaborazione, dalla title-track con Christoph Wieczorek degli Annisokay a “VirUS” con Marcus Bischoff degli Heaven Shall Burn, fino alla lenta e demoniaca “Dragon”, con Jonny Davy dei Job For A Cowboy. “Ascent of the Blessed” , “Alien”, “Darkness I Became” ed il lentone “Hibernate” fanno parte del sound “Sempiternal” dei tedeschi, assieme a tante soluzioni da studio presenti in altre tracce. Fa un po’ sorridere come la band arrivi a copiare anche i riferimenti di Oli e soci in un titolo come “Phantom Pain” (riferimento esplicito alla saga videoludica di Metal Gear Solid), ma tant’è.
Pur capaci di intrattenere ed assorbire le proprie influenze per consegnare canzoni sempre ben rifinite, i Caliban restano confinati nello storico limite di assoluta prevedibilità delle composizioni, che, partendo da hardcore, deathcore o melodeath, arrivano al ritornello melodico, edificante e super speranzoso. Un elemento che talvolta speriamo non venga servito, ma con cui ci ritroviamo a dovere fare i conti sempre ed inesorabilmente. Marchiato dai cliché di un’intera carriera, “Dystopia” fatica a crearsi una propria identità nella discografia del gruppo, ma resta un prodotto godibile di un’entità musicale ancora solida e abile, che alla fine non ha raggiunto le vette a cui sembrava destinata ma riuscirà tranquillamente ad accontentare i propri (nostalgici) fan.