6.0
- Band: CALIBAN
- Durata: 00:42:37
- Disponibile dal: 01/03/2006
- Etichetta:
- Roadrunner Records
- Distributore: Universal
Spotify:
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Che scivolone! Chi scrive non crede alle sue orecchie nell’ascoltare l’opener di questo “Undying Darkness”, ritorno dei promettentissimi Caliban, metalcorer tedeschi sotto RoadRunner Records che tanto avevano stupito col precedente “The Opposite From Within”. Dopo una poco originale intro atmosferica siamo investiti da un riff davvero accattivante, ma palesemente scippato ai grandi As I Lay Dying, e come se non bastasse dalla opener “Meaning in Tragedy” dell’ultimo album! Rincarando la dose nello stesso ritornello citano la traccia “Confined” con la identica accellerata sul doppio pedale… scabroso! A parte il citazionismo imbarazzante non si può dire che il gruppo si muova male nel resto dell’album, dove, più che proseguire sulla strada del fortunato predecessore, ne ricalca perfettamente le coordinate e lo stile: stessi riff di scuola svedese, stesso growl torcibudella del singer Andy, stessi chorus iperclean che non possono che far torcere il naso. Il problema è che se su album, seppur forzate, le parti vocali del chitarrista suonano pure bene, dal vivo lo stesso è totalmente incapace di riproporle. Musicalmente il gruppo è succube dei Killswitch Engage, che prestano pure servigio per la cover dell’album, realizzata dalla DarkIcon del bassista Mike D. Per fortuna esistono anche pezzi davvero ben riusciti che mostrano le qualità dei nostri, come “It’s Our Burden To Bleed” o la più violenta “No More 2nd Chances”, rafforzata da un violentissimo chorus hardcore; di un certo tiro pure la collaborazione con Mille Petrozza dei Kreator in “Moment Of Clarity”, una bella mazzata sui denti che spezza un po’ il ripetersi di pezzi un po’ troppo simili l’uno all’altro. Il suono, con la produzione a cura di Anders Fridèn, è spettacolare, soprattutto dopo essere passato dal missaggio del sapiente Andy Sneap, una vera garanzia. Tirando le somme non sono raggiunte le aspettative: il disco, nonostante gli spunti interessanti e piacevoli, stanca in pochissimo tempo, ed è in alcuni frangenti scandalosamente derivativo, difetto inaccettabile per un gruppo dall’esposizione elevatissima quali i Caliban. Un peccato.