7.5
- Band: CANAAN
- Durata: 00:65:41
- Disponibile dal: 10/01/2025
- Etichetta:
- Eibon Records
Spotify:
Apple Music:
Mauro Berchi deve essere in una fase artisticamente molto fertile, visto che, ad appena un anno di distanza da “Ai Margini”, compare “Some Last Echo”. Il nuovo lavoro dei Canaan si pone spiritualmente – almeno dal punto di vista visuale – in antitesi con il suo predecessore: dove erano il bianco e nero e la lingua italiana a caratterizzare “Ai Margini”, in “Some Last Echo” esplodono nuovamente i colori e ritorna la lingua inglese.
Discutendo di “Ai Margini”, avevamo postulato due o tre caratteristiche dei Canaan che ritornano costantemente, di cui una era l’evidente disinteresse verso il mercato contemporaneo. “Some Last Echo” lo conferma: esattamente come poteva essere più di venti anni fa, l’edizione in nostro possesso è un digisleeve con doppio libretto confezionato con carta di alta qualità.
Musicalmente parlando, i Canaan nel tempo ci hanno abituato ad un percorso artistico a nostro parere di progressiva sottrazione. Nel tempo, quasi tutti gli elementi legati al dark metal/rock si sono rarefatti sempre di più verso un mondo sempre più elettronico. La loro è sempre stata musica fredda, ma nel tempo lo è diventata ancora di più, almeno spiritualmente.
In particolare, “Ai Margini” aveva tolto ancora di più, arrivando a mettere in piedi una visione musicale quasi scheletrica. Questo disco si posiziona su coordinate più vicine ad “Images Of A Broken Self” per l’uso della voce e va a ripescare anche arrangiamenti dagli album precedenti, risultando, nel complesso, più fruibile degli ultimi due lavori.
Non troviamo quindi il quasi-dark ambient di brani come “La Città Che Respira” e anche negli episodi più oscuri la voce di Mauro è un punto di riferimento costante. In ogni caso, l’umore complessivo di “Some Last Echo” rimane sempre quello, negativo e pessimista quanto basta, conformandosi come al solito perfettamente all’artwork e all’immaginario sì colorato, ma altrettanto metallico e freddo. Le storie narrate in “Some Last Echo” sono a cui Mauro Berchi ci ha abituato nel tempo, squarci di incomunicabilità, solitudine e dolore.
La costruzione di un pezzo tipico dei Canaan oggi si basa su basi, beat e loop radi, soffusi, spesso carichi di un effetto eco in modo da sembrare provenienti da spazi oscuri e indefiniti. Con la chitarra propriamente detta relegata in sede di rifinitura qua e là, sugli strumenti esce invece netta la voce di Mauro, talvolta placida talvolta più potente, soprattutto in occasione di ritornelli reiterati che restano davvero impressi, come in “Anger Tides” o “No One”.
Dopo diversi ascolti, “Some Last Echo” si posiziona perfettamente nella discografia dei Nostri, sia a livello spirituale che musicale, e se vogliamo trovare un solo difetto all’opera, forse sessantacinque minuti di musica così spiritualmente monolitica non risultano fruibilissimi, ma obbligano l’ascoltatore ad un certa concentrazione. In questo, paradossalmente, ci immaginiamo il sorriso sornione di Mauro, visto che probabilmente è sempre stata questa l’intenzione primaria e sempre lo sarà. Seppur con mezzi sulla carta melodici e comprensibili, i Canaan restano un’esperienza di rottura. Non certo quindi musica per tutti, ma musica con cui tutti dovrebbero qualche volta aver a che fare. Potete partire da qui, da “Images Of A Broken Self” o da “Il Giorno Dei Campanelli” (ma anche dal passato più remoto, fate voi), l’esperienza sarà comunque garantita.