8.0
- Band: CANCER
- Durata: 00:36:02
- Disponibile dal: 24/05/1991
- Etichetta:
- Vinyl Solution
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Come facilmente ipotizzabile dall’ascolto dei lavori di Carcass, Bolt Thrower o Benediction, il death metal agli inizi degli anni ’90 non era affatto un’esclusiva statunitense o svedese. Anche la scena britannica stava infatti vivendo il suo momento di massimo splendore, grazie alle realtà succitate, ma anche all’operato di gruppi oggi meno celebrati, ma all’epoca decisamente in forma come i Cancer. Per registrare questo suo secondo full-length, la band dei sobborghi di Birmingham volò addirittura in Florida, destinazione Morrisound Studios, per affidare il suo materiale alle sapienti mani del noto produttore Scott Burns (responsabile dei suoni di molti classici targati Death, Cannibal Corpse e Deicide, fra i tanti). Inoltre, una volta laggiù, i nostri si assicurarono i servigi della chitarra di James Murphy (Death, Obituary), che incise tutti gli assoli, donando un ulteriore tocco di classe a del materiale già di per sè convincente. “Death Shall Rise” può infatti essere facilmente scambiato per uno dei tanti parti dell’allora vivacissima scena floridiana: i suoni, per forza di cose, richiamano quelli dei grandi nomi dell’epoca, ma anche l’impostazione del riffing e, in generale, lo stile adottato dai Cancer per questa release è molto vicino a quello di realtà osannate come Obituary, Massacre, primi Death e Malevolent Creation. Il tocco europeo si sente essenzialmente nelle ritmiche, che rifuggono i tecnicismi tipici d’oltreoceano per affidarsi a pattern lineari e ficcanti, ideali per supportare le aperture groovy con cui sono infarcite molte delle canzoni del disco, dall’opener “Hung, Drawn And Quartered” – che vede un giovane Glen Benton alle backing vocals – alla splendida title track, passando per l’altrettanto ben strutturata “Internal Decay”, su cui Murphy si esalta alla sei corde come solo lui sa fare. Nonostante venga a volte giudicato un album “per completisti” – anche a ragione, se lo si paragona ad alcune delle perle uscite nel corso del 1991 – “Death Shall Rise” ancora oggi mantiene intatto un suo fascino, soprattutto grazie alla sua compattezza e spontaneità, frutto di una unità d’intenti encomiabile e di una bella ispirazione in sede di riffing, cosa all’epoca indispensabile per riuscire a farsi valere tra tutte quelle grandi uscite. In sintesi, i Cancer non erano dei geni, ma avevano sicuramente talento a sufficienza per farsi rispettare. “Death Shall Rise” è il loro miglior contributo alla causa death metal.