6.5
- Band: CANNABIS CORPSE
- Durata: 00:35:43
- Disponibile dal: 01/11/2019
- Etichetta:
- Season Of Mist
- Distributore: Audioglobe
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La saga allucinogena dei Cannabis Corpse si arricchisce di un nuovo capitolo a poco più di due anni di distanza dal precedente “Left Hand Pass”. Un lasso temporale che, senza particolari colpi di scena, non ha inciso minimamente sull’indirizzo stilistico di Land Phil e compagni, ancora una volta alle prese con un death metal ricalcato su alcune celebri opere prodotte nei Morrisound Recording durante i Nineties. Chiunque conosca anche solo superficialmente la discografia del gruppo di Richmond sa di cosa stiamo parlando: un sound arrembante che, fra un omaggio ai Cannibal Corpse del periodo “The Bleeding”/“Vile”, una strizzata d’occhio alla barbarie dei Deicide e un’incursione nei tecnicismi dei Monstrosity, si dimostra essere una solida alternativa all’operato dei maestri, e che come tale va approcciato per comprenderne le effettive mire e intenzioni. I Nostri non sono certo qui per reinventare la ruota, un po’ di mestiere va comunque messo in conto quando si è alle prese con un loro album, ma il piglio del songwriting e l’amore tangibile verso il genere fanno sempre sì che l’ascolto non risulti uno sterile tributo ai bei tempi che furono.
Anche in questa ottica, “Nug So Vile” centra l’obiettivo e non mancherà di appagare chi vive con i santini di Alex Webster e Glen Benton nel portafogli, sebbene rispetto al succitato “Left…” (per chi scrive, l’apice compositivo della band) un vago senso di appannamento finisca per smorzarne l’efficacia e il dinamismo complessivi. Gli episodi degni di nota ovviamente non mancano, rispondendo in questo caso ai titoli di “Conquerors of Chronageddon”, “Blasphemy Made Hash” e “Cheeba Jigsore Quandary”, ma al loro fianco trovano anche spazio brani che – pur rispettando alla lettera i dettami della scuola floridiana – poco tolgono e poco aggiungono alla concatenazione di uptempo brutali e rallentamenti pastosi assaporata in precedenza. Forse, dopo cinque full-length e la moltitudine di impegni con Iron Reagan e Municipal Waste, era inevitabile per Phil giungere a questo appuntamento con il fiato corto; un calo fisiologico che verrà puntualmente messo in ombra sulle assi del palco, vera dimensione del progetto di Richmond. Alla prossima partita d’erba.