6.5
- Band: CANNIBAL ACCIDENT
- Durata: 00:34:53
- Disponibile dal: 28/02/2025
- Etichetta:
- Inverse Records
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Quando si tratta di confezionare un nuovo disco, i Cannibal Accident amano puntualmente prendersi i loro tempi, ma ciò non significa che da tali pause emergano lavori all’insegna della ricerca sonora o della progressione stilistica, anzi.
Trascorsi altri quattro anni dalla precedente fatica in studio (quel “Nekrokluster” pubblicato dalla nostrana Time To Kill), il gruppo finlandese si ripresenta infatti sul mercato con l’ennesima macelleria a base di death/grind, humour nero e storie di serial killer, insistendo su una linea espressiva che non conosce altri modi per svilupparsi al di fuori di quelli offerti dalla barbarie e dalla volgarità.
Con venti brani per trentaquattro minuti di musica, “Disgust” si pone quindi come un nuovo compendio di pesantezza death metal e urgenza grindcore con alle spalle un concept deviato e grottesco, attingendo tanto dalla scuola scandinava di Birdflesh e Rotten Sound (periodo “Murderworks”), quanto da quella dei primi Carcass e dei loro discepoli anatomopatologi (Exhumed, General Surgery, Haemorrhage, ecc.), per il più classico degli ascolti che – in termini di apprezzamento – riportano alla mente l’espressione ‘prendere o lasciare’.
Trattandosi di musicisti ormai navigati, è chiaro come il tutto sia confezionato con una certa attenzione (si pensi anche alla resa sonora, cruda e potentissima), mentre a livello di songwriting non si segnalano né colpi in grado di spedirli ai vertici del filone, né approssimazioni da band goregrind ‘da un tanto al chilo’, con la tracklist a deragliare fra aggressioni parossistiche (numerose e immancabili, a partire dalla tripletta iniziale “Explicit Everything”/“Toleraped”/“Darkest Auer”) e parentesi durante le quali i ritmi mollano sensibilmente la presa e un velo di atmosfera macabra cala sulle trame centrifugate dalle chitarre e dalla sezione ritmica (“Darken the Attic”).
Un album che, in termini di inventiva e freschezza (anche tenendo conto dei canoni ristretti del genere), non intende spingersi verso chissà quali vette, ma che quantomeno, ancora una volta, si dimostra assemblato con passione e criterio, a riprova del vero spirito underground alla base del progetto di Turku, qui solido e concreto come ci si aspetterebbe da una realtà ‘da fan per altri fan’ di questo tipo.
Se la definizione di completisti del death/grind più efferato e sanguinoso vi si addice, un’esperienza sicuramente appagante.