8.0
- Band: CANNIBAL CORPSE
- Durata: 00:42:17
- Disponibile dal: 21/03/2006
- Etichetta:
- Metal Blade Records
- Distributore: Audioglobe
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Incuranti dello scorrere del tempo, ritornano con il loro decimo album i Cannibal Corpse, vera e propria istituzione del death brutale americano. Chi scrive ricorda ancora con piacere la scoperta della band nel lontano 1990, quando la Metal Blade diede alle stampe il seminale “Eaten Back To Life”: da subito i cinque macellai diedero prova di intendere il death come nessuno ai tempi aveva ancora fatto, cioè brutalizzando ed estremizzando il death metal allora in voga a livello strumentale, vocale, lirico e visivo. Ora, dopo cambi di line up (più di uno diede per morta la band dopo l’uscita di Chris Barnes) e ritorni importanti (si segnala il rientro di Rob Barrett in vece dello storico guitarist Jack Owen), finalmente esce questo “Kill” che, meglio dirlo subito, risulta essere la migliore prova dei Cannibal da parecchi anni a questa parte. La copertina, un po’ a sorpresa, non rappresenta scene gore ed è la più sobria di tutta la discografia del quintetto, essendo composta solo dal logo della band e dal titolo dell’album su sfondo rosso. Accantonati parzialmente i precedenti “The Wretched Spawn” e “Gore Obsessed”, i nostri ritornano ad una tetragonia assoluta che li riporta indietro negli anni, agli episodi antecedenti a “The Bleeding”, fatti di riff spezzati e dissonanti e ritmiche che spesso sfociano nel thrash slayeriano, ovviamente riproposto in salsa brutal. Basta sentire ad esempio “Make Them Suffer” per accorgersi della differenza. Comunque sia, l’album scorre via tra bordate velocissime e mid tempo schiacciasassi, come da tradizione, e la voce del grande George “Corpsegringer” Fischer su tutto. George a tratti cerca di cantare con tonalità più alte del solito, con risultati tutt’altro che disprezzabili. La sezione ritmica poi è la solita garanzia di qualità, con i “vecchi” Alex Webster e Paul Mazurkiewicz che, unici superstiti della line up originaria, non hanno perso il vizio di pestare duro e dettare ritmiche durissime. La produzione di Erik Rutan è precisa e potente e giustamente valorizza soprattutto il lavoro delle due asce che, allo stato attuale delle cose, rappresentano il vero punto di forza della band. I Cannibal Corpse, oggi come ieri, rimangono la miglior band di brutal in circolazione: lasciano ad altri le evoluzioni tecniche (scena canadese) e compositive (Nile su tutti), ma annichiliscono per la facilità con la quale una loro canzone riesca a far male. La loro fama è strameritata, anche perchè non vivono adagiati sulle glorie del loro passato (chi ha detto Morbid Angel?) ma continuano album dopo album a proporre musica di altissima qualità. Stay Brutal.