7.5
- Band: CAPTIVUS DIABOLI
- Durata:
- Disponibile dal: /04/2003
I Captivus Diaboli vengono da Napoli e in questa loro prima produzione ci propongono otto pezzi (più intro ed outro) che ci rimandano direttamente almelodic death e black scandinavo (qualcuno ha detto Children of Bodom?) così in voga in questo periodo; ma nonostante la tentazione di ricadere nel più usato e sfruttato dei cliché e di rimanere nell’anonimato di una qualità irrisoria, questo “The Colours Of Silence” risulta un buon disco e riesce acatturare l’attenzione di chi ascolta per la bravura dei singoli componenti della band e le giuste idee per rendere il prodotto meno scontato e stantìo.Le caratteristiche principali della band sono il tipico riffing chitarristico del death melodico (che talvolta sfocia in soluzioni più tecniche e va a ricordare la scena floridiana), il classico cantante che si strappa le tonsille, un largo e sapiente uso delle parti di tastiera ed un’ottima sezione ritmica. E se nella prima “Worldless Reality” tutto ciò che ci viene presentato, seppure in maniera magnificente ed assolutamente apprezzabile, è una classica canzonedai connotati black/death melodici senza una minima innovazione, già dalla successiva “Disharmonious” le cose cominciano a cambiare e si comprende che i Captivus Diaboli non sono il solito gruppetto che attinge a piene mani dalla scena svedese: accanto al classico sound melodico (questa volta anche con un gradevole break centrale con voce pulita che può richiamare il power metal) possiamo trovare delle soluzioni tecniche abbastanza inusuali per il genere e, nonostante il massiccio uso delle tastiere e le linee melodiche rapportabili al genere, si può notare l’uso di riff più complessi e ragionati, che rimandano direttamente ai Death ed alla scena d’oltreoceano. Proseguendo con l’ascolto troviamo l’ottima “Dying Speeches”, anche questa con qualche soluzione fuori dal comune, e l’usuale “Life’s Bleeding”, che emoziona quanto basta pur senza uscire eccessivamente dagli schemi (assolutamente stupendo il break centrale di tastiera e basso); in finale di disco meritano una citazione soprattutto “My Inner Drama” e “When The Silence Cries”, mentre meno appetibili sono “Sadness They Fear” e “Vision Of A Forgotten Memory”, anche se in generale i pezzi finali risultano inferiori rispetto all’ottimo inizio. In definitiva comunque questo “The Colours Of Silence” è un disco molto godibile per l’ennesima band che è riuscita nel suo intento di realizzare qualcosa di interessante, pur senza riuscire a registrare un capolavoro; ma per quello c’è ancora tempo…