7.0
- Band: CARCASS
- Durata: 00:47:06
- Disponibile dal: 13/09/2013
- Etichetta:
- Nuclear Blast
- Distributore: Warner Bros
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A ben diciassette anni di distanza dall’ultimo “Swansong” e a vent’anni dal capolavoro “Heartwork”, Jeff Walker e Bill Steer decidono di dare un seguito alla incredibile discografia dei Carcass, andando a pubblicare questo “Surgical Steel”; come ormai tutti sanno, ad accompagnare i due non troviamo membri storici, in quanto Amott risulta troppo impegnato con gli Arch Enemy ed al povero Ken Owen riesce ancora difficilissimo mettersi dietro al drum kit. Ecco quindi giungere in soccorso i talentuosi Ben Ash e Daniel Wilding, che svolgono al meglio l’improbo compito affidato loro. Come già anticipato nel nostro track by track (al quale rimandiamo per le descrizioni più minuziose), “Surgical Steel” è un album che senza dubbio si inserisce all’interno della tradizione carcassiana, non risultando però un mero clone di “Heartwork” o di “Necroticism” – ovverosia i due lavori ai quali maggiormente somiglia. Il livello qualitativo medio è buono, non fosse altro che per l’incapacità della band di scrivere materiale in qualche modo povero o scontato; certo, i capolavori del passato sono lontani ed è più che probabile che questo nuovo parto non abbia minimamente la longevità dei primi quattro immortali platter. Gli undici brani qui presenti si muovono più o meno tutti in territorio melodic death, alcuni più impattanti e diretti, altri più articolati, altri ancora maggiormente legati alla grandissima tradizione del metallo ottantiano. Pur apprezzando e rispettando il lavoro di tutti i membri, ci pare di poter dire che Bill Steer sia l’unico ad offrire una performance decisamente sopra le righe, soprattutto a livello solista; per compensare l’assenza di Mike Amott, Steer ha deciso di orientare il proprio lavoro verso gli eighties, interpretando la materia in maniera differente da quanto avrebbe fatto – ed in passato ha effettivamente fatto – Amott. Largo quindi a solismi funambolici che poggiano entrambi i piedi nel dorato mondo dei guitar heroes. Dal canto suo il resto della band sostiene ottimamente la baracca; le voci sgraziate di Walker rimangono sempre molto incisive, mentre la sezione ritmica dona solidità e si permette anche qualche passaggio piuttosto complesso ed articolato, figlio diretto di “Necroticism”. All’interno dell’album spiccano in maniera piuttosto prepotente tre brani: il primo estratto “Captive Bolt Pistol”, fantastica traccia che non avrebbe sfigurato su “Heartwork” e che ci mostra una band concreta come non mai e con la voglia di fare ancora male. Molto bene anche “A Congealed Clot Of Blood”, ritmicamente devastante e “The Master Butcher’s Apron”, la più complessa ed articolata del lotto; non possiamo certo dimenticare le melodie fortissime di “The Granulating Dark Satanic Mills” o la cupezza della conclusiva ed atipica “Mount Of Execution”. In tutta onestà i rimanenti brani vivono di spunti a volte anche molto interessanti, ma la qualità complessiva non si eleva mai in maniera tale da rendersi meritevoli di essere ricordati. Nota di demerito invece per il mixing di Andy Sneap, che rende tutto troppo pulito e perfettino, a tratti perfino asettico; se magari i solos chitarristici possono beneficiare della cosa, nel complesso viene perduto il tonnellaggio generato dalla sezione ritmica. Considerando che questo è a tutti gli effetti un album death – melodico quanto si vuole, ma sempre death – non è un difetto di poco conto. Insomma, il ritorno dei Carcass farà contenti i fan e tutto sommato dobbiamo ammettere che i ragazzi hanno fatto le cose per bene. “Surgical Steel” non rimarrà nella storia, ma ci offre comunque la fotografia di una band sincera e che pare divertirsi ancora nel proporre un genere musicale che ha contribuito a fondare e successivamente ad evolvere. Bravi ragazzi.