6.0
- Band: CARNAL FORGE
- Durata: 00:46:06
- Disponibile dal: 25/01/2019
- Etichetta:
- Vici Solum Productions
- Distributore: Audioglobe
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Sin dal primo erompere sulla scena, sul finire degli anni Novanta, i Carnal Forge hanno incarnato l’anima più genuina dell’allora emergente panorama thrash-death svedese, nato sull’onda del successo underground di “Slaughter Of The Soul” degli At The Gates. Lasciando – almeno inizialmente – certi tecnicismi o flirt con una melodia di matrice mainstream a colleghi come Darkane o Soilwork, la band ha spesso preferito mettere in primo piano una spiccata irruenza, accattivandosi le simpatie dei metallari più oltranzisti, ma, al contempo, precludendosi la conquista di un successo su larga scala. Dopo una pausa durata tantissimi anni – l’ultimo album, “Testify for My Victims”, risale addirittura al 2007 – e una lavorazione altrettanto estenuante, i Carnal Forge ritornano oggi con un nuovo full-length che sembra riassumere tutte le fasi della loro carriera, sospeso fra un’impostazione di estrazione thrash e melodic death e alcune suggestioni armoniose nel comparto vocale saltuariamente sperimentate prima dello scioglimento.
Il sound che ci viene proposto è obiettivamente un po’ démodé, legato a formule che andavano forte ormai una ventina di anni fa e che oggi non risultano invecchiate benissimo, a differenza di altre appartenenti a stili anche più datati di quello in oggetto. L’abbinare una spinta slayeriana con aperture più virtuose ed estemporanei chorus per rendere il tutto più orecchiabile oggi può sapere di ingenuo e di indefinito, schiacciato com’è fra band che continuamente ridefiniscono i contorni di ciò che davvero è estremo e altre che, senza farsi alcun problema, hanno talmente levigato l’elemento melodico da sconfinare nel pop o in altri generi. Nel volere smorzare ogni tanto la loro aggressività con qualche parentesi ariosa, i Carnal Forge rischiano insomma di apparire nè carne nè pesce: alla violenza thrash non viene sempre dato modo di esplodere realmente, mentre i ritornelli non hanno certo la presa di quelli dei Killswitch Engage. “Gun to Mouth Salvation” procede insomma a strattoni, tra pezzi che vanno piacevolmente dritti al punto (pur con l’assolo raffinato del caso) e altri che provano ad accontentare più fasce di ascoltatori, senza però trovare un compromesso particolarmente soddisfacente. Il risultato è un disco comunque onesto, ma che irrimediabilmente mostra una mentalità un filo antiquata, almeno all’altezza di certe soluzioni.