9.5
- Band: CARPATHIAN FOREST
- Durata: 00:50:51
- Disponibile dal: 15/07/1998
- Etichetta:
- Avantgarde Music
- Distributore: Self
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Il primo album dei Carpathian Forest è il punto di congiunzione tra quel mix di black metal fortemente debitore dei primi Bathory, suggestioni naturalistiche, scarne melodie malinconiche e produzione ultra-grezza tipica del materiale precedente (le demo raccolte nella compilation “Bloodlust And Pervertion“ e il mini “Through Chasm, Caves And Titan Woods“) e ciò che è venuto poi, ovvero il black’n’roll condito da inaspettate aperture dal sapore jazz e ambient.
I cambiamenti rispetto alla produzione precedente non sono solamente musicali, bensì coinvolgono anche l’attitudine e l’estetica: i paesaggi nebbiosi lasciano il posto alle immagini dei corpi morti di una fossa comune e la maestosità della natura norvegese è argomento assai marginale (“The Northern Hemisphere“, “The Swordsmen“, “In Silence I Observe“), fungendo più che altro da sfondo per riflessioni intimistiche inquietanti. Nei testi non vi è traccia neanche degli altri classici argomenti-clichè del cosiddetto True Norwegian Black Metal – Satana o la mitologia norrena – si parla invece di sadomasochismo, più in generale di violenza e di morte. “Black Shining Leather“ ci mostra subito che la musica è cambiata, un pugno nello stomaco marcio e feroce, colonna sonora ideale di uno slasher di qualità. I riff sono sghembi, taglienti e sinistri, le ritmiche hanno un piglio punk’n’roll che dona dinamismo ai brani e regala al premiato duo Nattefrost / Nordavind (qui coaudiuvati dall’ottimo Lazare dietro le pelli) un sound diverso da quello di tutti i loro colleghi. Con “Death Triumphant“ i ritmi rallentano e l’atmosfera si fa a suo modo epica grazie al lavoro delle tastiere, cui si contrappone un basso molto presente, stonato e ‘sbagliato‘ abbastanza da ricordare la scena grottesca del ballo nel film “Calvaire“. E qui arriviamo al punto centrale: questo disco è malvagio di una malvagità molto terrena, quasi tangibile. E‘ stato ed è ancora, almeno per gli ascoltatori meno smaliziati, un disco scioccante; crudo, diretto ed estremamente credibile. La netta percezione è che non vi sia nulla di simulato, nulla di costruito a tavolino, nonostante il songwriting sia ottimo dall’inizio alla fine. Se il trittico iniziale è in grado di lasciarvi senza fiato, il resto del disco scorre sui medesimi binari fantasma, in un equilibrio alchemico pressocchè perfetto tra black metal feroce, ritmi rock’n’roll, melodie glaciali e lucida follia.
In chiusura troviamo la malinconica e dissonante “The Northern Hemisphere” – forse il pezzo che più si ricollega al materiale precedente , coi suoi suggestivi pattern di chitarra acustica – e la riuscitissima cover dei The Cure “A Forest“, in una versione notturna e pulsante, con un Nattefrost che sembra sussurare suadente dal cuore di una foresta nella notte più buia. Istintività, misantropia, classe e un tocco di genio si fondono dando vita ad un lavoro maestoso, che regge meravigliosamente i vent’anni che ha sulle spalle.
And it’s darker than you think…