8.5
- Band: CARPENTER BRUT
- Durata: 00:32:13
- Disponibile dal: 22/02/2018
Spotify:
Apple Music:
Non è poi così raro, oggi giorno, sentire o leggere di numerosi ascoltatori intenti a chiedersi cosa sia esattamente la synthwave: fondamentalmente si tratta di un movimento, ancora piuttosto giovane, volto a rievocare un particolare filone musicale e visivo, divenuto a suo tempo quasi una sorta di emblema di buona parte dell’immaginario anni ’80; che si tratti di cinema, telefilm o anche videogiochi, tutti quegli elementi elettronici e luminosi rappresentano un vero e proprio marchio di fabbrica per chiunque si sia immerso anche solo una volta nelle atmosfere tipiche del suddetto periodo storico, che ricordiamo essere il preferito di molti di noi per una lunga serie di motivazioni. Il compositore francese Franck Hueso (alias Carpenter Brut) rappresenta proprio uno deli artisti cardine di questa nuova corrente, e già nel 2015, grazie al suo primo album “Trilogy”, che altro non era se non una compilation composta dai brani provenienti dai primi tre EP, divenne chiaro che il futuro del genere non poteva essere riposto in mani migliori; la fama e il successo non tardarono a bussare alla porta del buon Franck, anche grazie all’inserimento di ben quattro suoi inediti all’interno del videogioco “Furi” uscito appena l’anno successivo.
Oggi, distogliendo in piccola parte l’attenzione dal panorama metal, vogliamo parlare del secondo full-length ad opera di messer Carpenter Brut, il cui tamarrissimo titolo “Leather Teeth” è ben visibile in rosa sulla copertina del disco; abbiamo volontariamente ribadito ‘in piccola parte’, perché la musica contenuta in questo lavoro ha molto di più in comune con l’heavy metal di quanto si potrebbe pensare: se un altro talentuoso musicista synth come Perturbator viene spesso accostato alla scena rock/metal, esibendosi persino in alcuni festival dedicati, potremmo dire che Carpenter Brut e il suo nuovo lavoro rappresentino un ulteriore step di avvicinamento verso la nostra musica preferita: partendo da un utilizzo comunque presente e ben identificabile di chitarra elettrica e batteria, affidate alle sapienti mani di Adrien Grousset e Florent Marcadet dalla band Hacride, fino a giungere a un numero imprecisato di citazioni e riferimenti ai film horror e, soprattutto, al movimento heavy metal degli anni ’80, cui il compositore francese ha più volte affermato di ispirarsi. La breve tracklist si compone principalmente di pezzi strumentali a prevalenza elettronica, tutti perfettamente riconoscibili e ben differenziati tra loro, con un’attenzione assoluta rivolta alla melodia e a delle composizioni apparentemente semplici e d’impatto, in grado di riportare alla mente numerosi brani immortali provenienti dal periodo di riferimento, seppur in chiave decisamente più moderna e massiccia; tuttavia, i picchi più elevati l’album li tocca quando viene introdotto il cantato, ad opera di Kristoffer Rygg in “Cheerleader Effect” e di Mat McNerney in “Beware The Beast”, la quale rappresenta anche, a parere di molti, la miglior traccia dell’intero lavoro, su cui è possibile sia danzare che fare headbanging a seconda del mood del momento. Anche dopo numerosi ascolti non si può inoltre fare a meno di accorgersi che non subentra mai nulla che possa anche solo somigliare alla noia, il che è dovuto anche a una caratterizzazione di ogni singola traccia pressoché impeccabile, in grado di evocare immagini differenti in ogni passaggio e stimolando l’immaginazione di qualsiasi ascoltatore munito di una sana dose di fantasia; vi lasciamo solo immaginare quanto tutto ciò possa essere ulteriormente enfatizzato in sede live, grazie al giusto utilizzo di luci, effetti, immagini e video.
Non è semplicissimo parlare di un prodotto così tamarro, sopra le righe e, nel contempo, geniale, caratterizzato da un livello compositivo ai limiti del fenomenale e da una tracklist che riesce quasi a creare assuefazione, facendoci ballare fino allo sfinimento mentre ci lasciamo avvolgere dalle luci al neon al volante della nostra ferrari bianca sulle strade di Miami, il tutto senza mettere da parte la nostra anima metallara, che qui trova comunque pane per i propri denti. Alla luce di tutto ciò, questo “Leather Teeth” non solo è da promuovere a pieni voti, ma anche da annoverare tra le migliori uscite in assoluto di questo intenso 2018; una vera e propria sorpresa luminosa, che ci accompagnerà durante i nostri viaggi per un periodo di tempo lunghissimo. Se non siete convinti, dategli comunque una chance, poiché magari non piacerà ad alcuni di voi, ma ne farà letteralmente impazzire diversi altri.