7.5
- Band: CARVED
- Durata: 00:50:45
- Disponibile dal: 15/02/2019
- Etichetta:
- Revalve Records
Spotify:
Apple Music:
Avevamo lasciato i Carved con un ottimo secondo album sul mercato, “Kyrie Eleison” pubblicato nel 2016, e li ritroviamo oggi a confermare la loro maturazione, rafforzando i loro punti di forza ed affinando la scrittura grazie ad un album solido e convincente sotto ogni aspetto. La formazione ligure ci aveva già presentato la sua personale rilettura del death metal melodico, impreziosita da orchestrazioni maestose ed atmosfere velatamente malinconiche. “Thanatos” porta avanti questo percorso, mettendo in musica un concept album sulla morte, che si configura come una sorta di rappresentazione teatrale a più voci, con numerosi ospiti a contribuire alla creazione di un affresco dai dettagli squisiti.
Pregevole, a questo proposito, la caratterizzazione delle singole composizioni, che declinano il tema dell’album in modi sempre differenti. Così se “Son Of Eagle” sembra indirizzarsi su coordinate più classiche, “Octopus” vira su aperture melodiche più maestose ed avvolgenti, prima di lasciare il passo a “Skal”, che leva il calice in onore dei morti, con rispettosa festosità. “Rain Servant” si inerpica intorno al pianoforte di Marco Mantovani, che svolazza in balìa delle intemperie; mentre “Hagakure”, dedicata al celebre testo giapponese sulla saggezza dei samurai, rilegge in maniera efficace il sound orientale, anche grazie al suono dello shamisen, lo strumento a corde tradizionale giapponese. Tocca a “Spider” riprendere con prepotenza quella grandeur sinfonica tipica di formazioni come i Dimmu Borgir, una maestosità che cede però il passo anche a momenti delicati ed intimi, come “Come With Me”, sentito acquerello cantato a cappella da Sara Squadrani. Impossibile chiudere la recensione, infine, senza citare un altro paio di composizioni. La prima è “Elsie (An Afterlife Suite)” che, come suggerisce il titolo, mette in musica una piccola suite dalle tinte progressive e dai molteplici colori, come una miniatura dai dettagli curatissimi, che stupisce senza mai essere sopra le righe; la seconda, invece, è “La Ballata Degli Impiccati”, rilettura di una delle pagine più belle scritte da Fabrizio De André in “Tutti Morimmo A Stento” (1968), cantata per l’occasione da un’eccellenza come Roberto Tiranti. L’interpretazione del cantante è ottima e misurata, pur con il suo timbro così differente da quello di De André, ma l’arrangiamento del brano non riesce a conquistarci del tutto, forse anche per la difficoltà intrinseca nell’avvicinarsi a colui che è, probabilmente, il più grande cantautore prodotto dal nostro Paese. Tanto di cappello, quindi, per la scelta, perfettamente integrata nel concept cimiteriale dell’album.
Anche con “Thanatos”, quindi, i Carved centrano l’obiettivo, dimostrando soprattutto un’invidiabile consapevolezza circa il proprio percorso artistico, che procede senza incertezze, con la giusta naturalezza di chi si sta muovendo avendo stabilito una rotta e ha tutta l’intenzione di raggiungere la sua meta.