CASTLE – Evil Remains

Pubblicato il 03/09/2024 da
voto
7.5
  • Band: CASTLE
  • Durata: 00:37:31
  • Disponibile dal: 06/09/2024
  • Etichetta:
  • Hammerheart Records

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Il male persevera, rimane sempre! Parola dei Castle, di ritorno in azione dopo il “Deal Thy Fate” di sei anni fa.
Un teschio, delle croci, il logo della band in bella vista e il titolo del nuovo album: così si presenta “Evil Remains”, corredato da una copertina che potrebbe benissimo essere scambiata per la locandina di un film horror.
E, leggendone la tracklist, gli ingredienti per gustarsi appieno una pellicola degna del miglior Romero, ci sarebbero proprio tutti. In realtà il male che serpeggia sovrano e sinistro lungo i trentasette minuti di “Evil Remains” ha i contorni del mondo che ci circonda, nelle sue forme più crudeli dell’avidità, della corruzione, della manipolazione; forze maligne contro le quali ogni individuo è costretto a lottare quotidianamente, per non perdere la connessione con se stesso e con le persone che lo circondano. Questo è il male rappresentato dai Castle, rievocando allegorie musicali attraverso le armi a loro più consone: heavy-doom, con striature stoner e una corpulenta dose di psichedelia, a distillare una miscela di riff possenti e pesanti, dai ritmi ipnotici e trascinanti.
Giunta al sesto album in carriera, la coppia d’assi formata da Elizabeth Blackwell e Mat Davis non ha portato grosse modifiche alla propria formula, tuttavia un senso di maggior compattezza, soprattutto dal punto di vista qualitativo, avvolge le trame degli otto brani presenti nel disco.
La forza magnetica e spirituale inebriata da canzoni come “Deja Voodoo”, dalla stessa “Evil Remains” o dalla ultra-sabbathiana “100 Eyes”, scaturisce dal perfetto bilanciamento del lavoro dei due protagonisti: da una parte la voce ammaliante della Blackwell, dolcemente in bilico sulle grevi corde del proprio basso; dall’altra, il timbro più tenebroso di Davis, autore di linee melodiche che, pur attingendo a piene mani dalla vecchia scuola, mantengono un alto tasso di interesse e vivacità. A coordinare il tutto, la buonissima prestazione del batterista canadese Mike Cotton, abile nel donare ulteriore tensione al binomio chiaro/scuro innalzato dai due colleghi.
Il risultato, come già sottolineato, è una seducente amalgama tra passato e presente, un salto temporale di oltre quarant’anni, ravvivato a dovere ed arricchito dalla forza sciamanica della bassista americana, qui autrice di una delle sue performance vocali più riuscite.
Esempio lampante è proprio “Deja Voodoo”, la migliore del disco: l’intro oscura e malinconica apre i battenti per un’ascesa emotiva che aumenta con il passare dei minuti, durante i quali la Blackwell si traveste da assoluta narratrice, in perfetta sintonia con l’incedere perpetuo ed incisivo del comparto musicale.
E mentre un’onda arabeggiante contorna il perimetro di “Nosferatu Nights”, l’omaggio ai padrini del genere giunge nella menzionata “100 Eyes”: lo stacco iniziale è degna dei primissimi Black Sabbath, mentre nella seconda parte, il caratteristico muro sonoro innalzato dai due musicisti viene intervallato da riprese che (volontariamente?) vanno a riprendere la “Eat The Rich” di tali Motörhead.
Degna di nota infine anche la movimentata “Black Spell”, dal refrain incantatore e roboante; ulteriore conferma di una certa varietà all’interno di un contesto strutturato e riconoscibile.
Acidi, corrosivi, affascinanti: questi i tratti incisivi dei Castle; consigliatissimi per gli amanti del genere.

TRACKLIST

  1. Queen of Death
  2. Nosferatu Nights
  3. Deja Voodoo
  4. Evil Remains
  5. Black Spell
  6. 100 Eyes
  7. She
  8. Cold Grave
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