6.5
- Band: CASTLE
- Durata: 00:36:04
- Disponibile dal: 12/07/2016
- Etichetta:
- Ván Records
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Ad un paio d’anni di distanza dalla pubblicazione del più che valido “Under Siege”, i Castle proseguono il proprio percorso artistico realizzando un’opera accattivante e di sicuro impatto, penalizzata, a tratti, da composizioni non sempre all’altezza degli standard a cui i protagonisti ci hanno abituato. Non cambia di una virgola la caustica miscela sonora plasmata, con indiscutibile dedizione, dal mefitico power trio d’oltreoceano, fieramente caratterizzata da un solido tessuto di matrice doom sporcato da sporadiche incursioni nel lato più oscuro del metal classico. Un magico e persistente alone clonato dalla psichedelia californiana di fine anni Sessanta regna sovrano attraverso le rudi corde vocali della cantante e bassista Elizabeth Blackwell, sorta di novella Janis Joplin in preda ai fumi dell’alcool e di chissà quale altra sostanza psicotropa. La sua relativa duttilità espressiva risulta talvolta incapace di conferire il fascino necessario agli episodi più umbratili e magniloquenti, come nel caso della suadente “Down In The Cauldron Bog” e della sinistra ma tutto sommato ‘orecchiabile’ “Welcome To The Graveyard”. L’ipnotico riff portante di “Hammer And The Cross” intorpidisce impietosamente i nostri sensi, così come la diabolica aggressività palesata su “Flash Of The Pentagram” pare essere forgiata dai Kyuss in preda ad un’improvvisa isteria collettiva. L’incalzante “Black Widow” (omaggio velato ad Alice Cooper?) e la granitica “Traitors Rune” si lasciano ascoltare senza offrire particolari spunti di interesse, palese sintomo di un gruppo che necessita di prendersi una piccola pausa, per poi tornare più forte di prima.