6.5
- Band: CAVALERA CONSPIRACY
- Durata: 00:41:07
- Disponibile dal: 17/11/2017
- Etichetta:
- Napalm Records
- Distributore: Audioglobe
Spotify:
Apple Music:
In attesa del loro ritorno in Italia – imminente – per celebrare per la seconda volta fasti passati e ormai sfioranti lidi ultra-nostalgici, i fratelli Cavalera proseguono l’epopea della loro Cospirazione, rilasciando per Napalm Records il quarto disco sulla lunga distanza dei Cavalera Conspiracy. Il titolo è “Psychosis”, la copertina pare decisamente ispirata al monumentale “Roots” dei Sepultura, con solo l’indio brasileiro trasposto in una versione folle e rabbiosa rispetto al serio e fiero ragazzino della cover del capolavoro dei Seps, e la musica non si scosta di molto, come prevedibile, dal materiale precedente della band e da quello dei Soulfly, a dire il vero ormai due creature che, seguendo l’inarrestabile verve (prego?) creativa di Max, stanno confondendosi e amalgamandosi sempre più, miscelando musicisti, turnisti, tematiche, sperimentazioni più o meno riuscite e riff ormai del tutto abusati e spremuti di ogni succo e linfa vitale. Chiaro, il thrash-death carico di groove e spennellato qua e là da sparate grind, hardcore e da campionamenti industrial-noise non può e non riesce più a rinnovarsi e trovare nuove vie d’espressione; fin qui non ci sarebbero problemi di sorta, difficile trovare un album di Max completamente da buttare alle ortiche o svuotato di qualsiasi senso; il vero busillis nasce dalla quantità e dalla costanza con le quali il nostro glorioso frontman di radici italiche continua a buttare fuori dischi, musica, riff e idee che non sono altro che meri riciclaggi di proprie trovate e convinzioni. Tutto ciò ha superato ed è andato oltre il limite della decenza, eppure non si riesce a stroncare con ribrezzo neanche “Psychosis”: alcuni brani sono energici e prepotenti il giusto, l’opener “Insane” su tutti; altri si barcamenano benino tra groove masselli, vocals anthemiche e le sfuriate assassine di Iggor dietro le pelli; altri ancora hanno in Marc Rizzo il solito salvacondotto; ma poi, ancora una volta, dietro attimi di esaltazione, quando il fuoco dell’obiettivo si sposta più nel profondo, le uniche cose che si scorgono sono la noia e l’inutilità, la frivolezza di un ennesimo lavoro che, al contrario degli storici platter per cui i Cavalera vengono giustamente ancora idolatrati (“Schizophrenia”, “Beneath The Remains”, “Arise”, “Chaos A.D.”), si dimenticherà nel giro di tre ascolti. “Crom”, “Impalement Execution”, la fucilata “Judas Pariah” e soprattutto la piacevolissima strumentale “Psychosis” si ergono a tracce migliori del lotto, ma che dire di tutti quegli intermezzi/campionature rumoristici che paiono messi lì a riempire di nulla vuoti di vuoto? Come pronunciarsi sullo stacco groovy raffazzonatissimo e improvviso che spezza in due “Terror Tactics” e la trasforma in un aborto di canzone? Come al solito, da qualche anno a questa parte, consigliamo a Max di fermare il suo strabordio compositivo, limitarsi a portare in giro il suo passato, con appresso figli, nipoti e amici, e a vivere di rendita, fino a quando non avrà delle serie illuminazioni in sede d’ispirazione. Siamo sicuri che a pile completamente ricaricate, uno dei più grandi riffmaker della storia metallica sappia ancora fare davvero male. Per ora siamo alla minestra riscaldata. Un’altra.