6.0
- Band: CAVERNOUS GATE
- Durata: 00:59:29
- Disponibile dal: 14/10/2022
- Etichetta:
- Prophecy Productions
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Che Sebastian Körkemeier non abbia propriamente il dono della sintesi è cosa facilmente intuibile dando uno sguardo alla durata dei lavori dei suoi Helrunar. La pagan black metal band tedesca è infatti solita dare alle stampe opere decisamente maestose tanto nei toni quanto nella durata; un approccio che il polistrumentista trasferisce anche in questo progetto solista a nome Cavernous Gate, dove le sonorità si aprono a influssi death-doom e ad una narrativa ancora più strutturata e variopinta.
Certamente, il background black metal del musicista segna melodicamente anche parte del percorso di queste nuove composizioni, le quali però risultano modellate anche e soprattutto da suoni più rifiniti e ariosi, decisivi nel dare alla proposta un diverso aspetto rispetto a quanto Körkemeier abbia prodotto nel suo recente passato. L’ora di “Voices from a Fathomless Realm” ci conduce all’interno di un ibrido death/black/doom che in più punti sa tanto di un agglomerato di onirismo e di velleità epico-drammatiche, in cui l’estrosità della chitarra viene spesso smorzata dalla lenta soavità di cori, interventi di tastiere e un intreccio di voci pulite e declamatorie, tutti elementi che talvolta riducono la forza prettamente death-black della proposta a semplice contorno.
Le poche limitazioni in fase creativa fanno subito apparire Cavernous Gate come un’esperienza decisamente ambiziosa, potenzialmente in grado di guadagnarsi una devota nicchia di ammiratori fra coloro che seguono l’underground più elitario, ma allo stesso tempo questa attitudine verbosa dà l’idea di essere un ostacolo nella focalizzazione di uno stile che si affranchi da ridondanze e forzature.
Senza dubbio, è questa assoluta allergia al compromesso, oltre che il pedissequo perseguimento della propria soddisfazione artistica, che ha reso Körkemeier una stimata figura nel panorama tedesco: in questo senso, “Voices…” rientra nel medesimo percorso artistico, del tutto chiaro probabilmente soltanto al suo autore, il quale ancora una volta tende a mescolare le carte con ampia soddisfazione, abbracciando molteplici influenze e caricando le composizioni di virtuose sovrastrutture. A tratti, la musica sembra flirtare con l’operato di realtà connazionali come The Ruins Of Beverast e Secrets Of The Moon, ma al progetto forse manca ancora un po’ di quel viscerale magnetismo che, ad esempio, gli autori di “The Thule Grimoires” sono in grado di generare. I brani scorrono mettendo in campo una strumentazione assai ampia, ma sembrano vivere di momenti anziché di uno sviluppo concreto o comunque convincente su tutta la linea. Qualche passaggio interlocutorio di troppo e delle strutture a volte spezzettate all’inverosimile finiscono ogni tanto per trasmettere una sensazione di ingordigia e forzatura che tarpa un po’ le ali al disco. Pur riconoscendo una notevole cura nella produzione e nell’interpretazione del materiale, a conti fatti si fatica insomma a ‘entrare’ fino in fondo in “Voices from a Fathomless Realm”: l’ascolto affascina per la scrittura e l’apertura compositiva al non predefinito, ma non coinvolge del tutto.