7.5
- Band: CAYNE
- Durata: 00:53:13
- Disponibile dal: 14/02/2013
- Etichetta:
- Graviton Music Services
- Distributore: Audioglobe
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Dopo l’ottima impressione lasciata dall’EP “Addicted” e il successivo tour italiano a supporto dei Lacuna Coil, vede finalmente la luce il ritorno sulla lunga distanza dei Cayne, progetto nato nel ormai lontano 1999 per volontà di Claudio Leo e Raffaele Zagaria, chitarristi e membri fondatori degli stessi Lacuna Coil. Gli anni, come detto, sono trascorsi inesorabili dal debutto “All Faded Pictures”, ed il sound della band tricolore nel frattempo è cresciuto e si è modificato grazie anche all’apporto dei nuovi innesti, in un condensato che non dimentica la vena malinconica degli esordi, pur abbracciando le più moderne e groovy tinte di un heavy rock melodico. Il destino ha voluto che Claudio Leo passasse a miglior vita per un male incurabile proprio poche settimane prima della pubblicazione di “Cayne”, una tragedia che rende il disco in questione imperdibile per chi ha seguito e stimato il chitarrista nel corso della carriera, ma anche per coloro i quali non hanno mai avuto l’opportunità di apprezzarne le doti compositive. Il songwriting pregevole respirato nel succitato EP di un anno fa trova ampi riscontri anche in questo full-length, grazie ad una serie di canzoni che non lascia spazio a cali di tensione, sfiorando umori e stili musicali differenti con grande maestria. L’anima più dark della band trova conferme in pezzi come l’opener “Waiting”, “Don’t Tell Me” o “My Damnation” con le prime due impreziosite dal violino elettrico di Giovanni Lanfranchi, mentre il fronte romantico viene toccato con perle del calibro di “Together As One”, “Little Witch” e “Light The Stars”, in cui l’ottimo singer Giordano Adornato si supera in performance altamente espressive. Le sorprese non sono finite, se pensiamo all’heavy rock incisivo di “King Of Nothing” o della stessa “Addicted”, senza dimenticare i preziosi cameo di Andrea Ferro (Lacuna Coil) in “Through The Ashes” e di Paul Quinn nella dinamica “Black Liberation”. L’ottima produzione firmata da Marco Barusso (anche alla chitarra), non fa che lustrare ulteriormente una serie di ottime canzoni, molte delle quali contenenti un qualcosa di memorabile capace di renderle davvero speciali. L’ampio lasso di tempo che ha caratterizzato la stesura del disco rappresenta forse l’unico limite di “Cayne”, evidenziando talvolta una differenza d’intenti portatrice di una eterogeneità non sempre equilibrata, un piccolo neo che non scalfisce la bontà di un disco in rampa di lancio anche fuori dai confini italiani.