7.0
- Band: CELEB CAR CRASH
- Durata: 00:49:56
- Disponibile dal: 18/09/2016
- Etichetta:
- 1981 Records
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Abbiamo lasciato in sospeso i Celeb Car Crash nella prima parte del 2015, con il loro maxi singolo “Mucha Lucha!”, in attesa di qualcosa di più corposo da giudicare, perchè i tre brani presentati, seppur di buona fattura, lasciavano la porta aperta a più sviluppi sulla lunga distanza, una facile via ultra pop adolescenziale alla Jonas Brothers o 5 Seconds of Summer, una deriva hard rock ed una svolta verso il post-grunge . Bene, un anno dopo ecco concretizzarsi quel ‘qualcosa di più corposo’ in questo “People Are The Best Show”. E che sorpresa questo album, già dal titolo, che riprende una affermazione di Charles Bukowski (‘People are the best show in the world. And you don’t even pay for the ticket’) e dalla copertina, realizzata dall’artista cinese Maleonn. Il facile punk rock infarcito di pop Disney style che ci si potrebbe aspettare dopo aver ascoltato i due gradevoli singoli “Because I’m Sad” e “Let Me In” in heavy rotation su Virgin Radio scompare istantaneamente già con il terzo brano (già, perchè disgraziatamente gli unici due pezzi easy listening del disco sono posti in apertura) e ci si spalanca davanti un intero disco profondo, certo, ugualmente commerciale, ma molto più adulto. I Celeb Car Crash pescano a piene mani da ciò che è stata la scena post-grunge a cavallo del cambio di secolo, e ci infilano a piene mani pattern zeppeliniani, primi Offspring e richiami continui ai Beatles. Foo Fighters, Silverchair, Creed, Puddle Of Mudd e 3 Doors Down rivivono e si integrano in un sound davvero interessante, che sa tanto di decadenza inarrestabile ma riesce ad essere comunque vivace. La voce sgraziata di Nicola Briganti è perfetta per ricreare nella mente un clima ed un mood più da sobborgo residenziale dell’america operaia che della solare Emilia dalla quale viene il gruppo. Strumentalmente non siamo di fronte a nulla di speciale, ma quanto mostrato nei solchi di questo album è davvero più che sufficiente. Dodici brani dannatamente ben scritti, senza alcun vero highlight ma anche senza alcun calo di tensione, ed una produzione adeguata al sound; peccato solamente l’aver piazzato i due brani meno rappresentativi e più ‘ingannatori’ in apertura. Un disco perfetto per chi quindici anni fa ha amato alla follia il post-grunge.