7.5
- Band: CELESTE
- Durata: 00:41:08
- Disponibile dal: 28/01/2022
- Etichetta:
- Nuclear Blast
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I Celeste sono stati una delle prime formazioni a diffondere nell’underground un ibrido fra sonorità sludge/post hardcore e influenze black metal, tanto da essere spesso considerati tra i diretti responsabili dell’avvicinamento di molti ascoltatori provenienti dal mondo punk o hardcore alla cosiddetta fiamma nera nell’ultimo decennio abbondante. Dopo numerosi album pubblicati e promossi in via semi-indipendente, il gruppo transalpino ha firmato per Nuclear Blast per l’uscita di questo nuovo “Assassine(s)”, settimo full-length che lo vede collaborare con il produttore Chris Edrich (Gojira, Tesseract, The Ocean, Leprous). La personalità di quest’ultimo, assieme ai cinque anni trascorsi dal precedente “Infidèle(s)”, sembrano avere inciso in modo evidente sul suono della band di Lione, la quale si ripresenta con un’opera particolarmente ripulita e dinamica per i propri standard degli ultimi tempi. Con il passare degli anni, la proposta dei Celeste aveva sempre più assunto i connotati di un gorgo melmoso che risucchiava l’ascoltatore, affidandosi a strutture circolari e ripetitive e a un lavoro di chitarra minimale, che pervadeva e saturava l’atmosfera ricreando un senso di impalpabile vacuità. Con tracklist dall’aria opprimente, in cui i brani tendevano spesso a sfumare gli uni negli altri senza offrire grandi punti di riferimento, i francesi stavano puntualmente mettendo al centro della loro proposta un oltranzismo stoico, per trasportarci in una dimensione di galleggiamento sempre più ossessiva, chiusa e impermeabile. Dopo una manciata di opere tutto sommato intercambiabili, serviva forse un cambio di rotta per rimanere rilevanti, e tale mutazione arriva proprio con “Assassine(s)”, disco che sotto all’immancabile patina nera e lisergica inserisce una rinnovata musicalità sotto forma di un riffing e di una sezione ritmica più vivaci, a cui si abbina una vena melodica particolarmente sviluppata, che spesso sa di un’onda che trasporta, di una brezza leggera che lambisce e accarezza.
Vi è certamente meno rigidità alla base del songwriting del gruppo: le strutture non si ripetono troppo e i brani concedono maggior respiro anche quando puntano sull’impatto. L’intransigenza dei ragazzi è stata leggermente addomesticata e il risultato è una collezione di canzoni meglio caratterizzate, in cui a tratti si strizza l’occhio anche a un approccio più mainstream, ma senza mai perdere di vista le proprie radici. Un episodio come “De tes yeux bleus perlés”, ad esempio, sa di Gojira solo vagamente anneriti, eppure il tutto non stona nell’economia del disco. Anzi, una volta tanto, una canzone dei Celeste resta subito in testa senza particolari approfondimenti, rivelandosi come una piacevole novità. Sono tuttavia pezzi come “Des torrents de coups”, “Elle se répète froidement” o “Le cœur noir charbon” a lasciare davvero il segno, mettendo in mostra una vena compositiva tanto coerente quanto felicemente estrosa, in cui viene anche dato risalto a un mood malinconico che ha ampio modo di respirare e di imporsi.
Se con i loro ultimi lavori i Celeste avevamo talvolta peccato di una certa ripetitività di costruzione – che ne aveva smorzato visione ed efficacia – oggi si torna a parlare dei quattro come di una realtà intrigante, di nuovo abile nel tracciare nuove coordinate e nell’amplificare i contrasti fra i mondi sludge e black metal. “Assassine(s)” è senz’altro uno dei loro capitoli discografici più completi.