7.0
- Band: CELESTE
- Durata: 00:48:17
- Disponibile dal: 29/09/2017
- Etichetta:
- Denovali Records
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Dopo quattro anni trascorsi soprattutto a suonare dal vivo, tanto in tour DIY quanto ad eventi di prima grandezza come il Desertfest o lo Psycho Las Vegas, i Celeste tornano con quello che è il loro quinto full-length; non male per una band che un tempo poteva anche essere vista come una meteora con tanto da dimostrare. “Infidèle(s)” è di fatto una fiera dichiarazione di intenti e di indipendenza, un’opera perfettamente in linea con i lavori precedenti, dove atmosfere claustrofobiche e l’ormai tipica, perentoria miscela di sludge e black metal la fanno da padrone. Una proposta che non rinnega nulla di quanto fatto in passato, basata stoicamente su suoni stridenti, pastosi intrecci e ritmi in ripetitivo, quasi ossessivo, crescendo – da sempre il marchio di fabbrica della band. Un disco dove ogni traccia è un arrangiamento purista dalle sonorità quadrate che non ammette contaminazioni nella sua struttura sempre molto spigolosa. Per i grandi fan dei Celeste, “Infidèle(s)” risulterà dunque quasi sicuramente un lavoro all’altezza delle aspettative: coloro che speravano in atmosfere alienanti ed ossessive troveranno infatti l’ennesima colata di lava nera con la quale tormentarsi e impreziosire la propria collezione. Rispetto all’opaco “Animale(s)”, si fa tuttavia notare una maggiore cura nella caratterizzazione dei singoli episodi, abbinata ad un lavoro in sede di produzione che esalta al massimo il drumming e mette a lucido i suoni: di certo siamo al cospetto della resa sonora più attenta, nitida e “pompata” della carriera dei Celeste. Tali accorgimenti rendono il platter un’esperienza sonora più avvincente rispetto all’impenetrabile album del 2013. Il timore sacrosanto era quello che il manierismo potesse prendere nuovamente il sopravvento sull’incisività e la freschezza delle composizioni, invece episodi come la possente “Comme Des Amants En Reflet” o la più tesa ed evocativa “Sans Coeur Et Sans Corps” presentano uno sviluppo più studiato, palesando un gradito lavoro di ricerca alle spalle; un turbinio sì incessante, ma non gratuito e immobile, a volte capace di ricollegarsi anche agli ottimi spunti di un “Morte(s) Née(s)”. Potremmo definirli fuori dal tempo e ineluttabilmente fedeli alla linea, ma resta il fatto che con questo nuovo album i transalpini tornano a toccare le corde giuste, aggiustando il tiro quel poco che basta per riagguantare quel brio e quella spontanea velenosità che tanto ce li avevano fatti apprezzare qualche anno addietro.