8.0
- Band: CELESTIAL SEASON
- Durata: 00:40:37
- Disponibile dal: 02/12/2022
- Etichetta:
- Burning World Records
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Spesso si conferisce il titolo di ‘band di culto’ a gruppi che non hanno ottenuto il giusto riconoscimento durante il loro periodo migliore ma, con questo pretesto, si rischia di attribuire un valore superiore a quello effettivo ad opere che per qualche ragione sono oggettivamente minori rispetto a quelle che hanno fatto la storia. Non sembra questo il caso dei Celestial Season che, all’inizio degli anni ’90, erano quotati al pari di artisti coevi quali Anathema, Paradise Lost e My Dying Bride ma, per scelte sbagliate o per eccessivi cambi di formazione, hanno progressivamente perso il loro appeal fino allo scioglimento, nonostante almeno un paio di album che hanno segnato il tempo.
Ora, però, è arrivato il momento di dimenticare il passato, in quanto il presente sembra essere luminoso: gli olandesi, ritornati in attività da parecchi anni ma rimasti a lungo silenti, improvvisamente dal 2020 sono tornati in ottima forma, più creativi e prolifici che mai e, soprattutto, hanno rispolverato con convinzione le decadenti atmosfere degli esordi. Se già, infatti, “The Secret Teachings” aveva fatto ben sperare e “Mysterium I” aveva rappresentato un’ottima conferma, il nuovo “Mysterium II” – seconda parte di una trilogia che, nelle loro intenzioni, sarà completata entro il 2023 – è un ulteriore passo avanti o, come vedremo, indietro negli anni, per le sonorità che propone. Parliamo quindi di un doom/death metal con frequenti escursioni nel gothic, ricco di sfumature e di chiaroscuri e che, questa volta più che in passato, non disdegna di mettere in mostra un lato funereo e malinconico più marcato; come da consuetudine, i brani giocano sull’alternanza tra momenti di nera disperazione in cui furoreggia il growl ed altri in cui le nebbie dello sconforto si diradano, lasciando spazio a toccanti aperture melodiche e l’utilizzo piuttosto intensivo di violoncello e violino rappresenta una risorsa non da poco, dando luogo ad attimi di bellezza assoluta ma facendo spesso da contrappunto ai riff di chitarra anche nei frangenti più tirati. Un esempio di perfetta interazione tra sei corde ed archi è sicuramente “Tomorrow Mourning”, un cupo doom dall’andatura lenta che a tratti assume tonalità struggenti, mentre la languida strumentale “One Nocturnal Love” è introdotta da commoventi note di pianoforte. “In April Darkness” le voci sussurrate rimandano ai toni drammatici degli Anathema di “Alternative 4” – che, in questa abbuffata di sonorità più antiche, sembrano quasi un sussulto di modernità – ma in generale le clean vocals che danno respiro al growl sono parlate, come nell’ammaliante, già dal titolo, “Pictures Of Endless Beauty – Copper Sunset”.
Come si sarà intuito, non traspare la minima intenzione di distaccarsi dagli stilemi tipici dei classici del genere e dai paradigmi del doom/death metal delle origini, ma il rifiuto ostinato verso qualsiasi tipo di evoluzione (che, tra l’altro, gli olandesi avevano cercato con esiti alterni nel loro periodo stoner) può essere visto come un merito quando il risultato è questo, a dimostrazione che lo spessore artistico di una band si vede anche dalla capacità di saper plasmare con personalità una materia che già padroneggia.