7.5
- Band: CENOTAPHE
- Durata: 00:44:11
- Disponibile dal: 16/06/2025
- Etichetta:
- Nuclear War Now
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A cinque anni dall’apprezzato full-length di debutto “Monte Verità”, i Cénotaphe tornano con “Chimères”, un album che rafforza l’identità del duo transalpino nel panorama black metal francofono. Il polistrumentista Fog e il cantante Khaosgott non inseguono rivoluzioni, ma affinano con rigore una formula che li ha già distinti: un black metal agile, melodico, spesso altamente impetuoso nei ritmi, tuttavia capace di mantenere un’ossatura lirica e coesa. L’impressione è quella di un’opera nata da una lunga riflessione, che rinuncia alle frange atmosferiche più espansive per concentrarsi su un linguaggio serrato e intensamente musicale, sospeso tra la tradizione della scena francese e un’euforia tagliente che richiama da vicino certe derive del Québec. In alcune cavalcate in doppia cassa vengono infine evocati vagamente pure i primi Naglfar, anche se va sottolineato come il gruppo non flirti apertamente con soluzioni classic metal, restando, a livello di riffing, all’interno di registri più prettamente black metal.
La proposta dei Cénotaphe resta insomma fedele a un’idea melodica e intensa, capace di fondere l’urgenza emotiva del genere con una tensione narrativa quasi romantica, senza appunto cedere a manierismi sul fronte atmosferico. Le ritmiche sono spesso forsennate, la suddetta doppia cassa irrompe in più punti, ma è soprattutto la chitarra di Fog a guidare ogni composizione con riff articolati, ora spavaldi, ora più solenni. Il riferimento ai canadesi Forteresse non appare fuori luogo: brani come la strutturata “Titans” o “Le carnage des chimères” sembrano evocare quel tipo di slancio epico, pur mantenendo una loro struttura mediamente asciutta e focalizzata. Meno enfasi sull’identità culturale, più attenzione alla forma musicale in sé, come se i Cénotaphe si muovessero sul crinale tra visione simbolista e disillusione esistenziale.
Il disco si apre con “Sempiternel retour”, manifesto immediato dell’album: melodie fulminee, batteria implacabile e un lavoro vocale che alterna registri laceranti e declamazioni più evocative. Khaosgott, in particolare, si conferma interprete notevole, capace di dare peso lirico a ogni sillaba, anche quando travolto dal turbine strumentale. Le tastiere e dei cori fanno occasionalmente capolino, ma restano funzionali a un’atmosfera più immersiva che decorativa.
Rispetto ai capitoli precedenti, “Chimères” suona leggermente più levigato, non tanto in termini di pulizia, quanto di equilibrio nella produzione: ogni strumento ha il suo spazio, e la coesione timbrica tra le tracce contribuisce a creare un’esperienza fluida e avvolgente. Tuttavia, questa coerenza si traduce talvolta in una certa monotonia emotiva: sebbene il disco mantenga una qualità costante, raramente sorprende o devia dal proprio sentiero arrembante. Chi cerca nel black metal momenti di ampia rarefazione, distensione o improvvisa fragilità, potrebbe quindi trovare “Chimères” un lavoro un po’ meno sfaccettato di altri.
Vi è in effetti una forma di stoicismo sonoro nell’opera: il rifiuto di deviare, di aprire spiragli, di indulgere in soluzioni troppo concilianti. I Cénotaphe avanzano come ciechi visionari, stretti attorno a un’idea granitica di black metal melodico, spingendola a tratti fino al punto di saturazione. Il risultato è un album solido, a tratti travolgente, che preferisce graffiare piuttosto che accogliere, e che nella sua ostinazione riesce comunque a evocare immagini forti, quasi mitiche. Forse non conquisterà chi appunto cerca nel genere anche riparo o introspezione, ma per chi invece vuole un ascolto netto, privo di esitazioni, “Chimères” si offre come un monolite lucente, levigato da furore e disciplina.