
8.0
- Band: CERCLE DU CHÊNE
- Durata: 00:53:00
- Disponibile dal: 21/03/2025
- Etichetta:
- Antiq Records
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Un gruppuscolo di animali selvatici si raduna ai piedi di una quercia. Qui, lontani da occhi e orecchi umani, condividono le storie dei loro incontri col nostro mondo: storie di caccia, di coraggio, di sopravvivenza e di vita selvaggia che vanno a comporre una sorta di piccola epica, minuta nei temi ma non per questo meno eroica.
È questo il delizioso concept dei Cercle Du Chêne, nuovo progetto della coppia Hyver-La Griesche per la label di famiglia Antiq.
Data la vertiginosa prolificità dei due (soprattutto di Hyver, giunto all’ottava release in due anni sotto il quinto moniker diverso), era legittimo temere che questa pubblicazione ripetesse in modo un po’ prevedibile i loro canoni, che declinano in modo abbastanza riconoscibile un black metal dai toni medievaleggianti in chiave ora più rude, ora più folk, ora più atmosferica e trasognata. In parte è così, ma la capacità di tradurre davvero in musica un concept non banale fa di “Récits d’Automne et de Chasse” un album di sicuro interesse, che si distingue per originalità e raffinatezza nella platea piuttosto affollata del genere d’elezione dei suoi fautori.
Le formule non sono molto distanti da quelle con cui Hyver e La Griesche si esprimono nei Tour d’Ivoire, con il synth protagonista e un’allure da favola dark; ma qui c’è obiettivamente una marcia in più, che si percepisce nel modo in cui vengono articolate idee apparentemente semplici e nella ricerca del dettaglio sonoro.
I Cercle Du Chêne adattano infatti la lezione dei Summoning per calzarla sui piccoli protagonisti di questa epopea, quasi fosse un’armatura a misura di topolino: trombe, corni e flauti dialogano con tintinnii di cembali e di xylofono; corde pizzicate quasi imitano uno zampettare ora circospetto, ora frenetico; la sezione ritmica predilige pattern lineari e la percussione di tamburi e tamburelli – ma tranquilli, c’è anche un po’ di blastbeat.
C’è molto di favolesco in “Récits d’Automne et de Chasse” ma anche, come abbiamo accennato, una certa solennità. Ci sono gli ottoni regali, i ritmi marziali, i recitativi un po’ austeri e le superbe parti corali che impreziosiscono l’opener “Dans le Crystal du Givre” e ancor più significativamente l’epica “Aux Jours de Chasse”. Ci sono le reminiscenze folk e un po’ romantiche degli Ulver della prima ora, dei Les Discretes e a tratti perfino degli Agalloch.
Le melodie sono per lo più semplici (e forse proprio per questo memorabili, come quella portante di “Sur les Toits d’une Tour”), ma le strutture dei brani e gli arrangiamenti rivelano una composizione scrupolosa e stratificata, che cresce fino a culminare nell’ambiziosa “La Croix entre les Bois” e capace di sostenere l’andamento quasi narrativo dell’album fino alla chiusura sulla drammatica “Un Duel de Rois” e su “Retour vers l’Aube”, insieme cristallina e amara.
“Récits d’Automne et de Chasse”, anche se porta l’autunno nel titolo, esce di fatto in concomitanza con l’equinozio di primavera. Forse è un caso, forse no: di sicuro sarà difficile trovare un album più adatto per accompagnare la rinascita della natura di questa incantevole raccolta di chanson de geste in miniatura, i cui protagonisti compiono le loro gesta nell’umidità fragrante del sottobosco, o dentro tane scavate tra le radici, o sulle rive di un torrente riverberanti di sole e dell’ultima brina.